Potrebbe essere la faccia buona del “compra, baratta e vendi”, come lo chiamerebbe lui. Matteo Renzi scrive una lunga lettera ai senatori della maggioranza, da una parte va in forcing (“Dalla vostra capacità di tenuta dipende molto del futuro dell’Italia”) e dall’altra mette in vetrina la possibilità di modificare l’Italicum proprio sul punto più contestato (l’assenza di preferenze). Poi prepara un nuovo incontro – il quarto – con il leader condannato, decaduto e interdetto di Forza Italia, Silvio Berlusconi. L’obiettivo è fare presto, come al solito, ma il premier sembra per una volta disponibile a rimandare l’approvazione del testo al Senato in cambio di un ritiro in blocco degli emendamenti. Renzi, questo il ragionamento, ha bisogno di arrivare al risultato e pazienza se si dovrà aspettare la riapertura dei lavori dopo l’estate. Intanto, però, cerca di galvanizzare i senatori che compongono la sua maggioranza, tra i quali sono spuntati gruppetti di dissidenti spuntati qua e là (Pd, Ncd, Popolari di Mauro).
De Petris (Sel): “Non ritiriamo gli emendamenti, il governo ci insulta”
Le parole di Renzi accontentano una parte del Pd (il bersaniano Alfredo D’Attorre esulta) e i partitini, tipo Maurizio Sacconi del Nuovo Centrodestra e qualche pezzetto dei Popolari per l’Italia che non si ritrovano nelle posizioni “oltranziste” di Mario Mauro (lì ormai siamo alla scissione dell’atomo). Mettono sulla difensiva l’area di Forza Italia (“Renzi si crede San Paolo”, Elvira Savino), ma soprattutto non smuovono di una virgola le presunte trattative per far cedere le opposizioni con i loro quasi 8mila emendamenti. “Quello di Renzi è l’ordine del padrone” dice Sergio Divina (Lega Nord), “Usa il bastone e la carota” sintetizza Giovanni Endrizzi (M5s). “I nostri emendamenti sono seri, motivati, con un fondamento preciso. Altro che emendamenti-burla… Non abbiamo nessuna ragione per ritirarli” chiude Loredana De Petris, capogruppo di Sel a palazzo Madama. Ad oggi, spiega, “non sono arrivate risposte dal governo sulle nostre richieste” relative a riequilibrio tra Senato e Camera, immunità, referendum. “Non c’è -aggiunge – nessuna trattativa con il governo sull’Italicum ma è evidente ormai a tutti che le riforme e la legge elettorale si reggono insieme. E dal combinato disposto di questo ddl e Italicum è chiaro che si va ad un Parlamento di nominati da uno solo…”. Quindi, nessun ripiegamento da parte di Sel, anche perché, conclude De Petris, “non è che facciamo marcia indietro perché ci hanno insultato. Il masochismo non ci appartiene…”.
Riunione dei dissidenti: ci sono Pd, Fi, Sel, M5s
Nel frattempo i senatori che si oppongono alle riforme costituzionali, sia della maggioranza che delle opposizioni, si stanno riunendo nella sala della commissione Affari Europei, quella presieduta da Vannino Chiti. Oltre all’ex ministro delle Riforme sono presenti i dissidenti del Pd, alcuni esponenti dei frondisti di Fi, Mario Mauro di Pi, e altri senatori di M5s, ex M5s e Sel. In mattinata Chiti e gli altri 15 dissidenti del Pd avevano avuto un primo incontro.
Grillo: “Faremo guerriglie democratiche”
Intanto Beppe Grillo a Roma ha incontrato i parlamentari del Movimento Cinque Stelle. “Con il Partito Democratico c’è un confronto sulla legge elettorale, ma sia chiaro che noi non ci faremo prendere in giro – assicura – E’ inaccettabile la fretta di Renzi sulle riforme che vuole cambiare la Costituzione a tutti i costi nel mese di agosto”. “Vorrei incitare colleghi, artisti, intellettuali, gente che sa di giurisprudenza, costituzionalisti – aggiunge il leader M5s – Che prendano la parola! Perché devo essere io a parlare? Entro l’otto di agosto combineranno delle cose incredibili”.Entrando a Montecitorio ha annunciato “guerriglie democratiche”: “Ci organizzeremo con qualcosa, sicuramente. Questa è una guerra, quindi faremo delle guerriglie democratiche”. “Andiamo avanti con la legge elettorale – sottolinea Grillo – Non c’è in gioco solo un dialogo, c’è in gioco la democrazia”.
Il premier: “Da vostra tenuta dipende Italia, nodo preferenze aperto”
“C’è chi vuole bloccare tutto. E c’è chi vuole cambiare, iniziando da se stesso. Dalla vostra capacità di tenuta dipende molto del futuro dell’Italia“. Parola di Matteo Renzi, che ha inviato una missiva ai senatori per serrare le fila, richiamarli alle proprie responsabilità e aprire su alcuni punti del ddl Boschi che hanno creato subbuglio in maggioranza, primo fra tutti la questione delle preferenze nella nuova legge elettorale. “Siamo chiamati a una grande responsabilità: non la sprecheremo” ha detto il premier, sostenendo che “con il vostro sostegno garantite la fiducia e la maggioranza al Governo“. Poi il clou della lettera, in tema di legge elettorale: “Abbiamo convenuto circa i punti fondamentali: chiarezza del vincitore, premio di maggioranza proporzionato, principio dell’alternanza” ma “la discussione del Senato consentirà di affrontare i nodi ancora aperti: preferenze, soglie, genere”.
Aperture non da poco, quindi, con il premier che poi ha sottolineato il suo punto di vista circa il contingente stato di impasse del ddl Boschi a Palazzo Madama: “So che vedere il Senato costretto a perdere tempo senza poter discutere in modo civile ma attraverso emendamenti burla è triste – ha detto Renzi – E’ umiliante, immagino, trascorrere il vostro tempo prezioso a discutere di argomenti assurdi, come cambiare il nome della Camera dei Deputati in Gilda dei Deputati. Infine l’attacco a chi vuole mettere il bastone tra le ruote all’iter delle sue riforme: “I giorni che abbiamo davanti non possono essere buttati via”, sottolineando che “verrà il giorno in cui finalmente anche certi ‘difensori’ della dignità delle Istituzioni si renderanno quanto male fa al prestigio del Parlamento mostrarsi ai cittadini come mostrano oggi”.
A chi la bolla come una riforma autoritaria, Renzi ha risposto a tono: “La modifica costituzionale di cui state discutendo supera il bicameralismo perfetto, semplifica il processo legislativo, riequilibra il rapporto Stato Regioni, abolisce il Cnel, disegna uno Stato più efficace e semplice. Una rivoluzione del buon senso in linea con le principali esperienze costituzionali europee. Si può essere d’accordo o meno con questa riforma: definirla svolta autoritaria però significa litigare con la realtà”.
Renzi rivede B. per la quarta volta
Renzi gioca su più tavoli. Incontrerà di nuovo Silvio Berlusconi, per puntellare e mettere ancor più in sicurezza l’accordo di cui Giovanni Toti giura di aver visto la prova scritta. Doveva essere il 29 luglio, ma tutto è saltato per l’indisposizione dell’ex Cavaliere. Al Nazareno si parlerà di due temi: modalità con cui superare lo stallo in Senato del ddl Boschi e introdurre la trattativa sull’Italicum. Parallelamente, Renzi ha voluto affidare la moral suasion con i cosiddetti “frenatori delle riforme” ai due relatori Finocchiaro e Calderoli, i quali hanno messo a punto delle controproposte per sbloccare la situazione. Quali? Non si toccano i lavori extra large (dalle 9 alle 24 di oggi), il Senato non elettivo e il contigentamento degli emendamenti (“canguro” o “tagliola” che dir si voglia); si può discutere, invece, su immunità, platea per l’elezione del presidente della Repubblica, firme per i referendum, competenze Stato-regioni. Il colloquio si dovrebbe svolgere prima dell’avvio della seduta alle 9,30 a Palazzo Madama.
Civati: “Ostruzionismo per far passare emendamenti seri”
Nel frattempo non mancano le reazioni. “Stiamo ancora aspettando la risposta del Pd ai nostri 6 punti e Renzi incontra Berlusconi. Beh, allora lo fai apposta!” scrive su Twitter la deputata 5 stelle Giulia Di Vita. Diversa la posizione di Pippo Civati (minoranza Pd): “Il senso di un emendamento ostruzionistico è quello di far passare gli emendamenti seri, per correggere una riforma che può anche non piacere (siamo in un regime democratico)” è il parere del deputato dem sul suo blog. “Proprio per tutti questi motivi – aggiunge – e per riportare la discussione sulla possibilità che la riforma sia migliore di quella che è stata depositata (ora sembrano ammetterlo anche i relatori, che intendono correggere i capitoli dedicati ai referendum e all’immunità), pochi giorni fa invitavamo a portare avanti le riforme senza più strappi e forzature, con metodo costituzionale”.