Il provvedimento è stato preso dall’azienda sanitaria che la scorsa settimana aveva comunicato alla sua dipendente la decisione di ridurre del 50% il suo stipendio in attesa di ulteriori comunicazioni alla luce dei tre procedimenti disciplinari aperti nei suoi confronti in questi ultimi mesi
Le indagini di pm, carabinieri e medico legale proseguono. Si spulciano le cartelle cliniche, si pensa persino di riesumare le salme, e centinaia di persone sono già state interrogate. La procura della Repubblica di Ravenna continua a lavorare sul caso del presunto assassinio con un’iniezione di potassio di una 78enne lo scorso aprile da parte di una infermiera del piccolo ospedale Umberto I di Lugo di Romagna. Intanto però l’azienda sanitaria di Romagna lunedì 28 luglio ha licenziato la lavoratrice, indagata con la accusa di omicidio volontario per la morte di Rosa Calderoni, la donna diabetica entrata in ospedale per un banale malore e deceduta inspiegabilmente alcuni giorni dopo, l’8 aprile 2014. Durante i primi accertamenti, infatti, i medici trovarono nel sangue dell’anziana una dose anomala della sostanza (il cui composto cloruro è usato anche nelle esecuzioni capitali negli Stati Uniti) e qualcuno all’Ausl iniziò a insospettirsi. Anche perché dall’inizio dell’anno 38 persone (l’80% in più rispetto alla media) erano morte in circostanze poco chiare in quello stesso reparto.
Il 10 aprile la segnalazione della morte anomala diretta alla procura della Repubblica parte dalla stessa Ausl. L’azienda sanitaria elenca anche tutti gli altri decessi che dall’inizio dell’anno risultavano ‘troppi’. I pm, come atto dovuto, indagano subito l’infermiera per la morte della donna ma intanto sequestrano le cartelle cliniche di quei 38 pazienti morti nelle settimane precedenti.
Nemmeno un mese, e dalle indagini e dagli interrogatori arriva la sorpresa che nessuno si aspetta: nel cellulare dell’indagata un ingegnere informatico incaricato dai magistrati ritrova una foto risalente ai mesi scorsi che ritrae la donna in posa assieme al cadavere di un paziente appena deceduto. A raccontare la vicenda ai magistrati, che poi vanno alla ricerca delle immagini, era stata un’altra lavoratrice dell’ospedale. È stata lei che, su richiesta della collega, aveva scattato il macabro ritratto. “Si tratta di due immagini – spiega a fine maggio il procuratore capo di Ravenna Alessandro Mancini, che assieme alla pm Angela Scorza lavora sul caso – e posso assicurare che in tanti anni di carriera di foto scioccanti ne abbiamo viste, ma come queste poche. Stiamo ancora cercando di capire se siano state scattate di fronte a una delle 38 persone decedute per le quali abbiamo sequestrato le cartelle cliniche. Sarà però un lavoro lungo”.
Intanto però l’infermiera, accusata anche di piccoli furti a danni dei pazienti (risalenti al 2013) viene allontanata da lavoro, prima con delle ferie, poi con una sospensione. Infine, dopo mesi, ecco arrivare il licenziamento, dovuto dunque non all’indagine per omicidio (ancora in corso), ma a quei furti (per i quali c’è stato un avviso di conclusione indagini) e a quelle due fotografie, che se anche non configurano un reato fanno aleggiare un vento macabro sul piccolo nosocomio. “A Lugo lavorano 881 persone, 14 mila i ricoveri l’anno: non travolgiamo tutto. Le regole ci sono, il problema è chi non le rispetta. La stragrande maggioranza opera in modo regolare”, è stata da subito la difesa del direttore generale della Ausl di Romagna, Andrea Des Dorides. Anche tre dipendenti della sua azienda sono sotto indagine per il caso della morte di Rosa Calderoni: nel caso di due medici l’ipotesi della procura è quella di omissione di referto; per il terzo indagato,un dirigente amministrativo l’accusa è omissione di atti di ufficio.