Fecondazione eterologa inserita nei livelli essenziali di assistenza, limite di età per donatori e donatrici e apertura alla procedura “doppia”, nel caso entrambi i componenti della coppia siano sterili. Sono solo alcuni dei 9 punti previsti dal decreto che regolamenta l’eterologa e che sarà presentato “in uno dei prossimi consigli dei ministri prima della pausa estiva”. Ad annunciarlo, all’indomani della delibera della Regione Toscana, è stato il ministro della salute, Beatrice Lorenzin, in audizione in commissione Affari sociali alla Camera, in merito alla sentenza della Corte costituzionale sulla legge 40 del 2004.
“I centri pubblici di Pma – ha detto Lorenzin – chiedono di essere messi al pari dei privati e per questo la fecondazione eterologa sarà inserita nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), in sede di prossimo aggiornamento. E nelle more di questo aggiornamento occorre vincolare una quota di Fondo sanitario nazionale per l’accesso” a questa tecnica nei centri pubblici. “L’obiettivo – ha spiegato – è mettere le Regioni ed i centri nelle condizioni di partire con l’eterologa”.
Il decreto sull’eterologa – I punti elencati dal ministro sono: completamento del recepimento della direttiva europea 17/2006, in particolare dell’allegato III, con l’indicazione dei test da effettuarsi nei donatori; donazione dei gameti deve essere volontaria e gratuita: permessi lavorativi, costi vivi ed eventuali rimborsi saranno in analogia a quanto già avviene per donatori di midollo osseo. Verrà introdotta anche la possibilità di doppia eterologa, nel caso in cui entrambi i componenti della coppia siano sterili.
Potranno donare uomini di età compresa fra 18 e 40 anni e donne fra 20 e 35 anni. All’aumentare dell’età dei donatori crescono, infatti, i fattori di rischio di tipo genetico, e, in particolare per le donne, diminuisce significativamente la fertilità (l’età minima differenziata è dovuta a un differente sviluppo dell’apparato sessuale). Presso l’Istituto superiore della Sanità sarà creato un Registro nazionale dei donatori a cui le strutture autorizzate dovranno fare riferimento per permettere la tracciabilità completa donatore-nato. Il numero massimo di nati da uno stesso donatore è dieci, a livello nazionale, con deroga se una famiglia con figli già nati da eterologa chiede un altro figlio con stesso donatore; accesso a dati clinici del donatore o al donatore stesso per comprovati problemi di salute del nato, su richiesta di struttura del Ssn. Infine, inserimento immediato nei Livelli essenziali di assistenza di prestazioni attinenti all’eterologa.
L’identità del donatore e il diritto di conoscere le proprie origini – Illustrando il contenuto del decreto di prossima presentazione, Lorenzin ha affrontato il tema del “diritto alla conoscenza delle proprie origini”, che “è un aspetto non sanitario su cui invito a una riflessione in modo laico”. “Sapere di essere nati da eterologa a prescindere dal donatore – ha ricordato il ministro – serve non solo per un ‘diritto alla verità‘ sulla propria nascita, ma anche per questioni di carattere sanitario, per l’anamnesi a cui tutti sono sottoposti nella vita o nel caso di necessità di trapianto da persone compatibili. Inoltre, con il diffondersi di test genetici ci sarà sempre più possibilità di sapere di non essere stati generati” dai propri genitori. Comunque, il ministro ritiene che “questo tema debba essere oggetto di un’ampia discussione parlamentare”.
Riguardo all’accesso al dato anagrafico del donatore, secondo Lorenzin “va osservato che la stessa sentenza 162, dopo aver richiamato la disciplina sull’anonimato nella donazione di cellule e tessuti, fa un rinvio alla precedente giurisprudenza e a quella internazionale: in entrambe il diritto a conoscere le proprie origini trova sempre più spazio, come si può verificare anche dal numero crescente di paesi in cui, a seguito di contenziosi giudiziari, è caduto l’anonimato del donatore, previsto inizialmente nelle normative. La citata sentenza, inoltre, richiama la disciplina dell’adozione, che pure prevede, a determinate condizioni e con specifiche modalità, che l’adottato possa conoscere i propri genitori biologici. Questi profili, chiaramente, non riguardano strettamente l’aspetto sanitario della fecondazione eterologa, ma tuttavia hanno ripercussioni importanti nel consenso informato alla fecondazione eterologa, sia del donatore che della coppia”.
Insomma, la possibilità di conoscere le proprie origini “molti Paesi non l’avevano prevista e poi l’hanno inserita. Noi arriviamo fra gli ultimi e possiamo decidere di partire da dove sono arrivati gli altri su questioni in qualche modo già ‘digeritè o ricominciare da capo. Vista la delicatezza e l’importanza di questo particolare aspetto e considerato che la stessa sentenza 162/2014 della Consulta dà indicazioni sia nella direzione dell’anonimato del donatore, sia nel senso del diritto a conoscere le proprie origini, citando la normativa sull’adozione, ritengo che questo tema debba essere oggetto di un’ampia discussione parlamentare”.