Un nuovo test per selezionare gli embrioni più adatti a essere impiantati nel grembo di una donna, un’analisi che prevede una biopsia quando il frutto del concepimento è ancora composto da poche centinaia di cellule e ha come casa un vetro di un laboratorio. Il tutto per scongiurare malattie genetiche che, a volte, possono essere terribili. A Londra è stato annunciato il primo caso di successo, almeno in Europa, di fecondazione in vitro “selettiva”. Carmen Meagu, 26 anni, e suo marito Gabriel aspettano ora, infatti, un bambino. La donna, alla 17esima settimana di gravidanza porta nell’utero il primo bimbo creato in laboratorio grazie a una nuova tecnica chiamata “karyomapping”. La stampa americana, a metà 2013, riportava di un primo caso che si sarebbe avuto negli Stati Uniti, anche se la vicenda è dai contorni non ben definiti. Intanto, però, nel Regno Unito è certo. Il figlio di Carmen e Gabriel sarà il primo selezionato in laboratorio ancora prima di essere impiantato nel grembo della madre.
Parlando con il fattoquotidiano.it, Karen Doye, direttrice delle operazioni di “Pgd” (Pre-implantation genetic diagnosis, diagnosi genetica pre-impianto) della clinica che ha effettuato il trattamento, spiega: “Questo è un metodo rivoluzionario e viene valutato caso per caso, in ogni suo aspetto, anche etico. Ma non dimentichiamoci che sono le coppie a cercare questo trattamento e questa selezione, che è assolutamente consentita dalla legge britannica”. La tecnica consente ai medici, infatti, di scegliere quegli embrioni liberi da mutazioni genetiche trasmesse dai genitori. Il tasso di successo è del 95% e la clinica, il Centre for Reproductive and Genetic Health nel centro di Londra, consiglia comunque di procedere, soprattutto in caso di precedenti in famiglia, a ulteriori analisi prenatali del feto. Però una cosa è certa: si avvicina sempre di più quell’avvenire di “designer baby”, bambini su misura come un vestito dal sarto, anche se la legge del Regno Unito consente queste indagini solo in caso di malattie genetiche in genitori, nonni, zii e parenti non troppo lontani.
La mappatura dei cromosomi prima di un impianto da fertilizzazione in vitro è stata finora effettuata sugli embrioni di tre coppie. In realtà, spiega Doye, “ha fatto notizia la gravidanza di Carmen, ma altre due madri al momento stanno aspettando un figlio grazie a questa tecnica, comunque il caso di Carmen e Gabriel è il primo in Europa”. La clinica si occupa dei trattamenti per il concepimento, ma l’analisi degli embrioni viene comunque effettuata da altre cliniche esterne. “Queste donne sono tutte pazienti dell’Nhs, il nostro sistema sanitario nazionale pubblico. Noi siamo una clinica privata ma agiamo in convenzione”, aggiunge Doye. “Dopo la biopsia dei diversi embrioni, che può avvenire già al quinto giorno dal concepimento, poi si procede con un normale trattamento di supporto alla fertilizzazione artificiale”.
Del resto, le malattie genetiche sono migliaia. Nel caso in questione, il padre della signora Meagu era affetto dalla malattia di Charcot-Marie-Tooth, una grave forma di distrofia muscolare che lo portò alla morte, superata l’età dei 50 anni. Anche Carmen ha la malattia, anche se in forma lieve, e ci sarebbe una possibilità del 50% di avere figli affetti dal morbo. Così, appunto, ecco l’idea di ricorrere al karyomapping e al successivo impianto di un embrione sano. Analisi appunto passate dal servizio nazionale, anche se Doye ne è certa: “In un certo qual modo rimarrà sempre un metodo di nicchia, in quanto è costosissimo e richiede altissima tecnologia che non tutte le cliniche private possiedono”, insomma spese sicuramente proibitive in tempi di tagli al welfare e alla spesa pubblica nel Regno Unito. La clinica ha confermato come, dal momento della notizia uscita sulla stampa britannica, centinaia di coppie da tutto il mondo, Italia compresa, stiano contattando il personale medico per avere informazioni.