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Gaza: onore ad Udi Segal, obiettore di coscienza israeliano

Udi Segal è il giovane obiettore di coscienza israeliano condannato a sei mesi di carcere per essersi rifiutato di prendere parte alla mattanza di Gaza. Penso che i giovani israeliani che, come lui, scontano pene detentive e rischiano l’emarginazione in una società sempre più razzista e fascista, meritino il massimo rispetto, intanto per il valore della loro testimonianza individuale resa a caro prezzo, ma soprattutto perché rappresentano l’unica speranza di una conciliazione fra i popoli israeliano e palestinese che, superando le cause di fondo dell’attuale tragedia, costruisca nel futuro un nuovo ordinamento giuridico nel quale entrambi i popoli possano finalmente convivere in pace e godendo di diritti identici.

Tanto più importante la scelta di Udi e degli altri come lui di fronte al vergognoso e complice silenzio della cosiddetta comunità internazionale. Comunità di ipocriti, bugiardi e mestatori che ha un esponente esemplare nel “nostro” Matteo Renzi e nella sua ministra degli esteri Mogherini, incapaci di articolare ogni proposta o protesta degna di questo nome di fronte alla strage degli innocenti che continua ad aver luogo a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste. E che continuano imperterriti il traffico di armi e il sostegno, sia politico che militare, nei confronti del governo assassino, traffico ed appoggio giustamente denunciati dal Movimento Cinque Stelle e da Sel.

Ebbi occasione, anni fa, di incontrare a Tel Aviv alcuni esponenti del movimento israeliano contro la guerra. Erano i tempi della seconda Intifada ed altri massacri, tuttora impuniti, si erano svolti da poco a Jenin ed altrove. Rimasi colpito davvero dalla tranquilla fermezza di quelle persone degne esponenti di una cultura millenaria cui l’umanità deve moltissimo, degni continuatori dei ribelli che difesero con le armi la loro vita e la loro dignità nel ghetto di Varsavia contro gli assassini nazisti, una cultura e una storia che oggi Netanyahu e altra gentaccia della sua risma, i veri antisemiti, rischiano di gettare per sempre in una pattumeria piena di sangue e di bugie. Costretti a vivere in una società ostile, nella quale crescono a vista d’occhio le malepiante dell’odio razziale e del fascismo, ma che coraggiosamente continuano a chiedere il dialogo e una pace giusta, così come chiedono giustizia per tutte le vittime innocenti di questa guerra insensata.

In altra occasione incontrai, sempre a Tel Aviv, un’alta magistrata israeliana fortemente allineata al suo governo. Si lamentò di quello che considerava un ingiusto pregiudizio della comunità internazionale nei confronti di Israele. Ebbe un attimo di sincerità quando affermò, quasi con tono di scusa: ” E poi, questa terra è piccola e povera. Non c’è spazio per tutti”.

Dobbiamo invece affermare che non c’è alternativa alla convivenza e che occorre condannare senza riserve chi mira all’annientamento dell’altro, solo perché diverso. E porlo, ovviamente, in condizione di non nuocere.

Le recenti rivelazioni sul rapimento e l’uccisione dei tre giovani israeliani che ha costituito il casus belli dell’ultimo massacro a partire dalla dichiarazione del capo della polizia israeliana a un giornalista della Bbc dimostrano come Netanyahu e il suo governo erano a conoscenza del fatto che i tre giovani erano stati uccisi e pure di quello che non era Hamas in quanto tale il responsabile, ma una scheggia impazzita (chi parla di cellula solitaria, chi di tribù).

Eppure tacquero. Perché faceva comodo lanciare una campagna politica e militare volta ad affossare i tentativi di ritrovare l’unità fra Hamas e l’Autorità Palestinese, che avrebbe offerto, sia pure tra molte difficoltà, un interlocutore finalmente credibile per Israele.  Perché l’unica strategia del governo israeliano attuale è l’annientamento dei palestinesi. Una strategia che ovviamente favorisce la crescita dell’estremismo anche sul fronte palestinese. Ma tanto peggio, tanto meglio.

Occorre dire basta a questa strategia insensata e criminale. Appoggiando le forze di pace che continuano ad esistere nella società israeliana chiedendo con forza la fine del massacro, deferendo i responsabili alla Corte penale internazionale, cui la Palestina ha aderito, e interrompendo ogni collaborazione, su qualsiasi piano, con un governo che ancora una volta ha calpestato i più elementari principi del diritto internazionale. La Corte penale internazionale deve rivedere la sua vergognosa decisione di non consentire ai palestinesi di giovarsi della sua tutela.

A fronte di questa ed altre vergognose manifestazioni di codardia e Realpolitik (leggi subalternità a un potere imperiale oramai fiacco e inutile, oltre che come sempre ingiusto e guerrafondaio) occorre continuare la lotta per una giusta pace in Medio Oriente. Lo dobbiamo alle mille e più vittime innocenti di Gaza. Lo dobbiamo ad Udi, ai giovani israeliani che rifiutano la guerra.