Sembrava che l’annunciata tregua potesse riportare la calma a Tripoli, ma così non è stato. La Libia esplode e nella capitale proseguono i combattimenti fra le milizie rivali che combattono per il controllo dell’aeroporto, nonostante il cessate-il-fuoco di 24 ore dichiarato per domare l’incendio scoppiato dopo che è stato colpito un deposito di carburanti nello scalo. Un altro serbatoio sarebbe colpito da un colpo di artiglieria nel distretto di Sedi Bu-Salem, sempre vicino allo scalo aereo. Le tv, nel frattempo, hanno invitato i residenti che vivono in un raggio di cinque chilometri dall’aeroporto di allontanarsi. Molte famiglie stanno fuggendo dalle loro case, mentre il fumo nero delle esplosioni continua a offuscare il cielo di Tripoli. A causa dei combattimenti, numerosi diplomatici e cittadini stranieri sono stati costretti ad abbandonare il Paese. Il ministro degli Esteri spagnolo ha annunciato di avere portato via in aereo 60 persone oggi, aggiungendo che l’ambasciatore è comunque rimasto a Tripoli insieme con un personale ridotto. 

Mentre il paese è travolto da nuovi scontri e violenze tra opposte fazioni, l’Italia ha deciso di inviare in Libia 7 canadair per contrastare gli incendi esplosi in depositi di petrolio e gas colpiti da razzi nei combattimenti per l’aeroporto. Lo riferisce il governo ad interim libico che ieri aveva chiesto l’aiuto internazionale per domare le fiamme divampate domenica sulla strada per lo scalo della capitale. “Su richiesta del governo libico provvisorio, il governo italiano e la società Eni hanno deciso di mandare in Libia 7 aerei antincendio con il loro equipaggio per contribuire al controllo dell’incendio dei depositi di petrolio e gas situati sulle strade che portano all’aeroporto”, si legge nella nota in cui il governo di Tripoli “rivolge un appello a tutti i belligeranti affinché fermino i combattimenti per permettere ai pompieri di spegnere l’incendio al più presto possibile”. La Farnesina, tuttavia smentisce, secondo quanto apprende l’agenzia Ansa. L’Italia continuerebbe tuttavia a valutare tutte le opzioni per fornire aiuti alla Libia.

La situazione sul territorio sembra fuori controllo e cominciano i primi movimenti migratori. Migliaia di libici, in fuga dai combattimenti tra milizie rivali a Tripoli, hanno attraversato il confine con la Tunisia. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale tunisina Tap solo ieri circa seimila persone sono entrate in territorio tunisino dalla Libia. Stando al ministero dell’Interno di Tunisi, nel Paese vivono circa 1,5 milioni di libici. Da giorni milizie rivali si affrontano nei pressi dell’aeroporto internazionale di Tripoli per il controllo dello scalo. Nella zona domenica notte è divampato un grave incendio dopo che un razzo ha colpito un deposito di carburante.

Secondo il sito di notizie al-Wasat, almeno 97 persone sono rimaste uccise e 400 ferite dall’inizio, il 13 luglio, degli scontri nei pressi dell’aeroporto che vedono in campo milizie di Zintan, che detengono il controllo dello scalo dalla rivoluzione del 2011 contro il regime di Muammar Gheddafi, e milizie islamiche in gran parte provenienti da Misurata.

Intanto si muove l’Eliseo. Tutti i cittadini francesi attualmente in Libia “sono stati invitati a lasciare il Paese ed entrare al più presto in contatto con l’ambasciata a Tripoli a tale scopo”. Lo ha ribadito il portavoce del ministero degli Esteri transalpino, precisando che “tutto il possibile è stato fatto per facilitarne la partenza”. La comunità francese in Libia, sottolinea il Quai d’Orsay, “è al momento molto ridotta di numero”. Già domenica il ministero aveva invitato i francesi a lasciare la Libia. Secondo quanto precisano fonti governative citate dall’agenzia France Presse, le autorità francesi stanno lavorando per organizzare un’evacuazione dei loro concittadini rimasti in Libia, un centinaio circa, probabilmente via mare. Anche la Serbia e la Bulgaria hanno invitato i propri cittadini a lasciare il paese, così come il Canada, che ha anche richiamato il personale dall’ambasciata, trasferendolo in Tunisia, come già avevano fatto gli Usa.

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