Ci saranno nuovo indagini per il crollo del capannone della Tecopress di Dosso di Sant’Agostino, in provincia di Ferrara, sotto le cui macerie morì il 20 maggio del 2012 l’operaio Gerardo Cesaro, 54 anni. Il gup Piera Tassoni ha concesso al pm Alberto Savino altri sei mesi per valutare il coinvolgimento del datore di lavoro (Enzo Dondi) e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione rischi professionali (Elena Parmeggiani). Al momento l’inchiesta vede già tre persone rinviate a giudizio. Si tratta di Modesto Cavicchi, 65enne di Cento, ingegnere collaudatore dell’opera, Dario Gagliandi, bresciano di 59 anni, ingegnere progettista, calcolatore e direttore dei lavori per le fondazioni della struttura prefabbricata di Dosso, e Antonio Proni, centese residente a Cervia (Ra) progettista generale e direttore dei lavori del fabbricato.

Gagliandi avrebbe redatto il documento di progettazione facendo riferimento a una normativa precedente a quella in vigore, omettendo così – sempre secondo la Procura – di adeguare il progetto alla norma tecnica successiva (che prevede l’obbligo di verifica delle forcelle di vincolo alle travi e la verifica del comportamento dell’edificio rispetto a fenomeni di collasso a catena). Proni fece suo il progetto di Gagliandi, senza accorgersi che questi aveva omesso di adeguare il progetto alle nuove norme edilizie, e a sua volta non dispose un collegamento tra tetto e pilastri. Infine Cavicchi, estensore del certificato di collaudo, viene chiamato in causa per aver omesso di rilevare tali violazioni. Per loro il processo si aprirà in autunno. Nel corso dell’udienza preliminare però, su impulso della parte civile – i familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Fabio Anselmo -, il pubblico ministero aveva chiesto la restituzione degli atti per compiere ulteriori indagini relativamente all’adeguamento del fabbricato alla normativa antisismica.

Secondo l’accusa la Tecopress, azienda da 220 dipendenti, che produce di macchinari e pezzi di ricambio per l’industria della ceramica, avrebbe dovuto eseguire tutte le opere necessarie per adeguare e migliorare la struttura dei capannoni alle normative antisismiche dopo che nel 2003 l’Emilia Romagna era stata inserita tra le zone a considerevole rischio sismico. Un approfondimento richiesto per valutare se esistesse in capo al datore di lavoro un obbligo di effettuare opere sul prefabbricato, al fine di prevenire crolli dovuti a scosse telluriche. “Tema meritevole di ulteriori indagini” secondo il giudice, che ha restituito gli atti al pm per i relativi approfondimenti. Disposta l’archiviazione invece nei confronti di tutti gli altri indagati.

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