Un incidente alla spalla gli fa perdere il posto di magazziniere. Poi arriva la svolta: parte per la Cina e avvia la sua scuola di lingua. Fino al 2011 quella di Marco Zambon, veneto, di 35 anni, era una storia come tante. Una laurea a Padova in Storia e Filosofia, le difficoltà per trovare un impiego e alla fine un lavoro precario in un’azienda. Finché, tre anni fa, l’infortunio e il lavoro perduto diventano l’opportunità per cambiare vita. 

“Rimasto disoccupato, nel gennaio 2012 ho deciso di cercare lavoro all’estero”, racconta Marco. “Ho scelto di andare a Nanchino appoggiandomi da un’amica. Dopo qualche settimana che lasciavo curriculum in aziende e negozi mi hanno preso in alcune scuole private di lingua, per sostituire una ragazza che rientrava in Italia. Qui sono sempre di più i centri cinesi che stanno aprendo corsi di italiano e quindi la domanda di docenti madrelingua è forte”. In due anni Marco ha avuto più o meno 220 alunni e, grazie agli accordi che queste scuole hanno con le università cinesi, ha potuto tenere lezioni anche agli studenti di Medicina e Design.

Ma sono tanti i ragazzi cinesi che vogliono imparare l’italiano? “Sì, e le motivazioni sono le più disparate: ho insegnato a cantanti lirici che intendevano migliorare la pronuncia e a persone che desideravano leggere i classici della nostra letteratura in lingua originale. Ma la ragione più comune è quella di poter andare a studiare in Italia“, prosegue. In Cina la vita e le tasse universitarie costano molto meno rispetto ad Australia, Stati Uniti e Gran Bretagna e i corsi offrono comunque una preparazione di alto livello. “E per molti cinesi è un sogno poter vivere nel nostro Paese, per il cibo, l’arte e la cultura”.

Ma la vera svolta nella vita di Marco è avvenuta nel 2013, quando ha conosciuto Diletta Caprilli e il suo fidanzato Long Yang. Entrambi 26 anni, lei di Pistoia, laureata in lingue a Bologna e lui di origine cinese ma in Italia da nove anni, dove ha lavorato come guida turistica per i suoi connazionali. “Diletta insegnava italiano in una scuola gestita da cinesi a Prato, dove c’è una delle più grandi comunità italiane. Mi ha contattato su Facebook la prima volta lo scorso anno per sapere come funzionavano le docenze a Nanchino. Da lì, chattando, è nata l’idea di aprire una nostra scuola”.

Così Diletta e Long si sono trasferiti in Cina e nel febbraio di quest’anno, con Marco, hanno affittato un appartamento adatto a ospitare un ufficio e tre aule. “Abbiamo investito di tasca nostra. Ma le spese e le tasse, a differenza dell’Italia, non sono proibitive. Il vero scoglio invece è la burocrazia. Si viene rimbalzati da un ufficio a all’altro e se non capisci bene la lingua e sei straniero può essere un ostacolo insormontabile. Per questi aspetti – continua Marco – è stato prezioso Long, che si è occupato di tutto”.

La loro scuola ha un nome dal profumo italiano: “Basilico Nanjing“. Offre sia corsi di lingua italiana sia cinese. “Le classi sono di massimo 15 allievi, più agevoli da gestire rispetto ai 50 o 60 di molte altre scuole”. Marco e Diletta cercano di calare i loro studenti nella “nostra cultura e nel nostro modo di vivere“. Ai ragazzi danno un nome tipico del Bel Paese e spesso li portano a mangiare in locali italiani, “per immergerli in situazioni reali, fargli scoprire i nostri piatti e il nostro approccio alle cose”.

Attraverso la scuola offrono anche un servizio di assistenza per andare a studiare in Italia: dalla preparazione per la certificazione della lingua (che deve essere almeno al livello B2), ai contatti con gli atenei. “Adesso ad esempio – spiega Marco -, stiamo facendo un accordo con l’Università della Calabria per mandare alcuni studenti nel loro campus”.

Sulla pagina Facebook della Basilico sono tanti i docenti italiani che si propongono, pronti a trasferirsi anche subito a insegnare in Cina. “Io rispondo sempre e do consigli. Ora non posso assumere nessuno – dice Marco – ma spero in futuro di poter ampliare la scuola e offrire lavoro. Perché qui le possibilità ci sono e la domanda è in crescita”.

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