Elettorato e militanza arcobaleno di questo Pd si ostinano a non vedere la piega che sta prendendo il dibattito sulle unioni civili e, più in generale, del clima culturale nel quale ci sta ricacciando la politica. Cerchiamo allora di mettere in ordine alcuni elementi affinché sia chiaro il quadro in cui sta per consumarsi l’ennesimo “delitto” ai danni della dignità di migliaia di coppie gay e lesbiche.
22 luglio 2014: gli/le europarlamentari del Pd eleggono Patrizia Toia – che ha assunto in passato posizioni omofobe e antiabortiste, votando contro il rapporto Estrela e attaccando persino quel contentino discriminatorio che erano i DiCo – come capodelegazione a Strasburgo. E poiché in molti/e hanno votato quanti/e nel Pd sono favorevoli al matrimonio egualitario, l’area civatiana e laica ha ben pensato di avallare questa candidatura, giusto per non disobbedire alla disciplina di partito e per non perdere il ruolo fondamentale di foglia di fico di fronte a certe questioni.
24 luglio 2014: sulla questione dei fondi strutturali europei, il governo elimina i riferimenti alla discriminazione delle persone LGBT dai PON, ovvero dai progetti scolastici. Le associazioni come Arcigay – ridestatasi dopo i bagordi dell’iscrizione di Francesca Pascale – e Certi Diritti annunciano che chiederanno formalmente alla Commissione Europea di vigilare sul caso italiano. Il nostro esecutivo fa di tutto per tenere alto l’orgoglio nazionale oltralpe e oltre Tevere, con ogni evidenza.
27 luglio 2014: a proposito di maggiordomi, Renzi risponde all’Avvenire, quotidiano noto per le sue posizioni non certo gay-friendly, rispetto ai dubbi espressi sulle unioni civili. Il presidente del Consiglio rassicura l’elettorato cattolico: il testo della senatrice Cirinnà, che contempla gli stessi diritti del matrimonio, verrà superato da un decreto governativo. Se prima il Pd avrebbe dovuto trovare alleati in parlamento, magari SEL e M5S, adesso accantonerà una proposta di una sua stessa parlamentare per farne un’altra con Alfano, Buttiglione, Binetti e Giovanardi.
28 luglio 2014: il renziano Stefano Lepri, vicepresidente del Senato, rilascia un’intervista a La Stampa in cui spiega meglio il punto di vista del governo sulle civil partnership, dichiarando che non ci saranno “equiparazioni automatiche al matrimonio e dunque, proprio come nel modello tedesco, escludiamo la possibilità di adottare figli. Su questo c’è accordo in tutto il Pd”. Lepri ammette, inoltre, che il decreto governativo sarà diverso anche sul regime patrimoniale, visto che escluderà la comunione dei beni. Pazienza se Renzi in campagna elettorale aveva promesso l’esatto opposto e se il modello tedesco attualmente in vigore prevede gli stessi diritti del matrimonio, adozione della prole del/la partner inclusa.
Nel frattempo – di fronte a questi segnali rassicuranti, per vescovi, estremisti religiosi e vari alfieri dell’omofobia – l’Espresso pubblica i risultati di un sondaggio dell’UE che dimostra come la classe politica italiana sia la più omofoba dell’occidente tutto.
La domanda a questo punto si pone in tutta la sua evidenza: cosa faranno mai i nostri eroi LGBT dentro il Pd? Si stracceranno le vesti, faranno sentire tutto il loro peso – sono lì per questo, d’altronde – o minacceranno dimissioni di massa dai ruoli che ricoprono? No, niente affatto: Scalfarotto su tutti rinnova la sua fiducia al premier e invita le associazioni (anch’esse sassi sui binari della democrazia?) al silenzio. Il resto della corte tace o continua ad assistere imbelle.
Ritornando alla metafora d’apertura, sembra di trovarsi di fronte alla scena in cui lo sprovveduto di turno sta per aprire la porta dietro la quale si sa – almeno da casa – nascondersi l’assassino, ma il renziano medio continua a far spallucce e a rinnovare una fiducia che non ha più presupposti. Renzi, intanto, posticipa ulteriormente la calendarizzazione delle civil partnership – dovevano essere approvate a fine maggio – da settembre a data da destinarsi. Esultano adinolfiani, sentinelle e quanti vanno in piazza a difendere il diritto di chiunque a dire che gli omosessuali possono essere chiamati con affettuosi epiteti, tipo “frocio di merda” e amenità similari.
Il giallo, in buona sostanza, rischia di trasformarsi in horror. I protagonisti non cambiano: servitù e vittime rimangono sempre le stesse. È successo in passato coi DiCo, pare che accadrà anche con le unioni civili. La componente LGBT intanto, quella del “sto nel Pd perché solo con questo partito si avranno dei risultati” continua a prestarsi a tutto questo. Fa parte del gioco delle parti, d’altronde, trovare il cadavere e cacciare un urlo agghiacciante. Peccato che la politica dovrebbe essere l’arte del possibile e non la solita storiella, non importa di quale genere letterario, della mediazione al ribasso.