È considerato uno dei cento più prestigiosi psichiatri al mondo, ma ora per almeno due mesi non potrà insegnare all’Università di Bologna. Il professor Alessandro Serretti, luminare della materia, è infatti indagato per truffa e perché avrebbe offerto a suoi studenti specializzandi della droga. Queste sono le ipotesi portate avanti dal pubblico ministero Rossella Poggioli che ha ottenuto dal giudice per le indagini preliminari Rita Chierici la sospensione (prorogabile per altri mesi) dall’attività didattica e di ricerca con l’ateneo e dalla attività all’interno dell’Ausl di Bologna. Il tutto mentre le indagini sarebbero ormai a un passo dalla conclusione.
La questione della droga era venuta a galla già a novembre 2013 quando il “caso psichiatria” emerse in tutto il suo clamore. Tra i 32 allievi di Serretti alla scuola di specializzazione, in 25 lo avevano attaccato in una lettera indirizzata prima ai vertici dell’università, poi girata ai magistrati della procura di Bologna. Tra le righe dell’esposto gli studenti avevano raccontato di festini a base di cocaina e di avances a studentesse. E chi non stava al gioco, si leggeva nella lettera di accusa, sarebbe stato escluso dal giro dei favoriti del docente.
A queste accuse su cui ha lavorato la procura della Repubblica, ora il giudice Chierici comincia a dare credito. Il gip, accogliendo le richieste dell’accusa, ritiene infatti sostanzialmente credibile l’esistenza di un “sistema fondato sull’appartenenza a un gruppo chiuso creato dal Serretti” che “per creare un clima di coesione con i partecipanti promuoveva sistematicamente incontri extra-lavorativi, imponendo le proprie regole di comportamento”. Il giudice parla anche un “uso smodato di alcolici ed espliciti approcci sessuali” nei confronti delle studentesse. E gli incontri sarebbero serviti “per stimolare lo spirito di gruppo, ma anche per manipolare gli specializzandi” e “chi non condivideva tali regole veniva escluso dal gruppo e sbeffeggiato dal professore”. Tutto l’impianto di accusa si regge in gran parte sulle dichiarazioni degli stessi studenti che redassero la lettera: dichiarazioni “logiche, coerenti, spontanee, genuine, dettagliate e prive di intenti calunniosi”, spiega il gip.
Serretti, sentito il 10 luglio davanti al Gip durante l’udienza di convalida, si sarebbe difeso dicendo che manca la prova dell’offerta della droga ai ragazzi e avrebbe spiegato di aver simulato l’offerta di stupefacenti mostrando delle bustine da lui confezionate contenenti detersivo. Il motivo? Faceva così, avrebbe detto al gip, per mostrarsi un professore trasgressivo. Una giustificazione questa che secondo il giudice “appare gratuita e improbabile, nonché eticamente riprovevole e priva di fondamento logico”. Nessuno degli studenti, secondo Chierici, avrebbe mai mostrato di ammirare, approvare e rispettare questi atteggiamenti da lui definiti trasgressivi.
Poi c’è la questione dell’intercettazione del 3 ottobre 2013. La moglie chiama Serretti: “Guarda il Carlino a pagina 18”. “È roba nostra?”, è la risposta di Serretti. “No, un po’…”, dice la moglie. Quel giorno a pagina 18 del Resto del Carlino veniva data notizia dell’arresto di uno spacciatore di cocaina e il titolo dell’articolo era: “Preso il pusher della Bologna bene, tremano molti vip della città”. Secondo la ricostruzione del magistrato che ha disposto la sospensione dello psichiatra dall’insegnamento, la telefonata con la moglie sarebbe indicativa della contiguità di Serretti con ambienti della droga. Non si spiegherebbe diversamente l’interesse per la notizia data dal giornale bolognese. Serretti, per difendersi, davanti al giudice avrebbe spiegato che era “una chiamata scherzosa” e che dopo che erano iniziate le voci sua una sua presunta attività illecita la moglie e gli amici lo chiamavano ‘spacciatore’. Ma per il Gip non c’è “nulla di scherzoso nella telefonata, che appare ben lontana da una battuta di spirito”.
La contiguità con gli ambienti della droga, secondo il gip, si desumerebbe anche da un’altra questione. Serretti aveva in una rubrica telefonica il nome di una persona con associato il nome ‘Coca’. E con questa persona, un ristoratore, ha circa 70 contatti telefonici in cinque settimane. Serretti avrebbe spiegato che quei contatti erano in parte prenotazioni per il ristorante, in parte dovuti al fatto che questa persona gli aveva chiesto dei consigli terapeutici, rivelandogli contestualmente l’uso occasionale di cocaina. Ma per il Gip 70 contatti non sono compatibili con le prenotazioni ed è inverosimile che uno psichiatra annoti il termine ‘Coca’ di fianco al nome di un paziente, seppur occasionale.
Nel provvedimento del gip Chierici compare a sorpresa anche l’accusa di truffa aggravata: tra aprile e maggio 2013 Serretti avrebbe utilizzato il lavoro di una sua specializzanda, retribuito dall’Università di Bologna, per portare a termine un incarico affidato a lui personalmente (e pagato 22 mila euro) da una società farmaceutica. “Il provvedimento del giudice è un primo riconoscimento della serietà del lavoro svolto da pm e carabinieri”, ha commentato il procuratore aggiunto Valter Giovannini. Contattato telefonicamente e via mail da ilfattoquotidiano.it il professor Serretti non ha risposto a una richiesta di replica.