Il Cane a Sei Zampe chiude il semestre che ha visto il debutto di Claudio Descalzi sulla poltrona di amministratore delegato con un utile di 1,9 miliardi di euro, in crescita del 7,9%. Ma, nel giorno in cui è stato raggiunto l’accordo con i sindacati per il rilancio della raffineria di Gela, Eni ha annunciato anche un massiccio piano di tagli e ha aumentato da 9 a 11 miliardi il valore delle dismissioni previste di qui al 2017. L’aggiornamento della strategia e degli obiettivi di medio termine, presentato giovedì, comprende infatti “un programma di riduzione dei costi” che, “unito all’efficienza apportata dalla recente organizzazione, consentirà di risparmiare 250 milioni nel 2014 e un cumulato di 1,7 miliardi di euro nel periodo 2014-2017”. Quanto a quella che viene definita “ottimizzazione del portafoglio”, Descalzi ha spiegato che “grazie alle recenti scoperte esplorative (l’ultima in Gabon, ndr) e alla maggiore focalizzazione sul core business Eni è in grado di incrementare il programma di dismissioni di 2 miliardi nel periodo 2014-17, portandolo complessivamente a undici miliardi, di cui 6 nel biennio 2014-2015″. Tra le attività che potrebbero essere vendute c’è anche la quota del 43% che Eni detiene in Saipem, la società di servizi per il settore petrolifero coinvolta in un’indagine sul pagamento di tangenti per la costruzione di impianti in Nigeria e in Algeria. “Saipem rappresenta una partecipazione non-core (non strategica, ndr)”, si legge nella nota del gruppo. “Eni, con il contributo di un advisor finanziario, sta pertanto valutando una serie di opzioni sulle quali aggiornerà opportunamente il mercato, e nel mentre continuerà a sostenere Saipem, assicurandone la solidità finanziaria”.
Sul fronte dei conti il gruppo di San Donato Milanese ha deluso gli analisti. L’utile rettificato del secondo trimestre si è infatti fermato a 0,87 miliardi conto il miliardo tondo atteso dal mercato. Che ha infatti punito il titolo in Borsa con una flessione dell’1,65%. Diversamente dalle ultime trimestrali, poi, a trainare il gruppo non è più il settore produzione, penalizzato dai problemi in Libia, bensì il gas, grazie alla rinegoziazione dei contratti di fornitura di lungo termine. Il settore “Gas & power”, infatti, ha registrato nel secondo trimestre un utile rettificato di 70 milioni rispetto alla perdita operativa di 424 milioni del secondo trimestre 2013. Ancora debole invece la raffinazione, in crisi a causa della cronica contrazione dei consumi. Anche per questo il piano strategico prevede una riduzione della capacità non del 35% ma di oltre il 50%, anche attraverso la conversione degli impianti in Italia.
Proprio quello che sta avvenendo a Gela, dove il gruppo ha raggiunto un accordo con sindacati dopo aver sfiorato la rottura. L’azienda si è impegnata ad avviare il processo di manutenzione del petrolchimico ma anche a garantire la conservazione degli impianti e il ripristino dell’efficienza operativa della linea 1 coinvolgendo pure l’indotto. Per Descalzi il nuovo progetto “darà solide prospettive economiche, anche grazie alle nuove iniziative industriali previste nell’upstream e nella produzione di bio carburanti”, “consentendo così la salvaguardia dell’occupazione”. E comunque, ha assicurato parlando in generale del gruppo, “non licenzieremo nessuno, ma ridurremo i costi”.