L'8 maggio il gip firmò gli arresti di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti ma respinse la richiesta di custodia cautelare per altri indagati. A quel rigetto i pm milanesi si erano opposti e oggi i giudici hanno dato ragione alla Procura di Milano
Quando l’8 maggio scorso l’inchiesta della Procura di Milano svelò l’esistenza di una cupola degli appalti – bipartisan – che puntava alla conquista di Expo il gip firmò gli arresti di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti ma respinse la richiesta di custodia cautelare per altri indagati. A quel rigetto i pm milanesi si erano opposti e oggi il Tribunale del Riesame di Milano ha detto sì al carcere per altri nove indagati. Cuore dell’inchiesta non solo gli appalti per l’Esposizione Universale, ma anche Sogin, sanità lombarda, compresa la Città della Salute.
I pm, infatti, avevano fatto appello per chiedere l’arresto di due ex manager di Sogin, Giuseppe Nucci e Alberto Alatri, del presidente di Manutencoop, Claudio Levorato, coinvolto nel filone sulla Città della Salute, dell’ imprenditore Bruno Greco, di Walter Iacaccia, presunto ”mediatore agli ordini di Frigerio”, di Giovanni Rodighiero, presunto ”collaboratore” della cosiddetta della cupola. E poi ancora dei manager della sanità Patrizia Pedrotti, Paolo Moroni e Mauro Lovisari, di Paolo Leonardelli e Angelo Morini, imprenditori nel settore sanitario.
Le misure cautelari saranno eseguite soltanto se verranno confermate dalla Cassazione. Nell’ambito dell’inchiesta i pm Gittardi e D’Alessio avevano chiesto 19 arresti, ma il gip di Milano Fabio Antezza ne aveva accolti solo sette. Il Riesame per due posizioni, quelle degli ex manager di Sogin Giuseppe Nucci e Alberto Alatri, ha trasmesso gli atti per competenza territoriale ai magistrati di Roma. Accolti, invece, i ricorsi per altri nove, tra cui Walter Iacaccia e Giovanni Rodighiero, due presunti componenti dell’associazione per delinquere che avrebbe turbato appalti in cambio di tangenti, e Claudio Levorato, presidente di Manutencoop. Per quest’ultimo si tratta di arresti domiciliari come per alcuni manager della sanità lombarda, tra cui Patrizia Pedrotti. Il legale di quest’ultima, l’avvocato Claudia Shammah, ha spiegato che il provvedimento del Riesame è “assurdo, perché l’accusa di turbativa d’asta a carico della mia assistita è insussistente ed è incomprensibile che i giudici a distanza di mesi si richiamino al pericolo di inquinamento probatorio”.
Manutencoop Facility Management e il presidente Levorato, in una nota, “ribadiscono la propria totale estraneità rispetto alle ipotesi di reato per cui sta procedendo la Procura milanese”, avendo “sempre operato nel pieno rispetto delle regole e nella massima trasparenza“. Riferendosi al provvedimento del Riesame “relativo alla posizione del presidente Claudio Levorato – si legge ancora nella nota – Manutencoop Facility Management precisa di aver appreso la notizia dai media e che, allo stato, non risulta notificato alcun atto da parte dell’Autorità Giudiziaria”.