Se solo avesse fatto proprie le raccomandazioni che solo un giorno prima aveva rivolto al governo anche il neoeletto presidente della Consulta Giuseppe Tesauro riguardo a “riforme che hanno bisogno di sedimentazione e di riflessione ulteriore” avrebbe evitato quello che sembra l’inizio di una serie imprevedibile di “scivoloni”.
La linea governativa è quella ovviamente, secondo la consolidata pratica democristiana, di quietare, sopire e minimizzare ma sarà molto arduo proseguire con nonchalance fino all’agognata meta di portare a casa in prima lettura il Senato dei nominati entro l’8 agosto.
L’approvazione dell’emendamento leghista, ovviamente con voto segreto, che ha fatto esultare tutta l’opposizione e che attribuisce anche al Senato di Renzi ovvero camera delle autonomie non eletta dai cittadini di legiferare su materie eticamente sensibili come per esempio testamento biologico, fine vita, accanimento terapeutico ecc.., fa implodere tutta l’impalcatura su cui si fonda la “riforma”.
O viene immediatamente superato o come sostengono M5S e Sel impone che il Senato sia elettivo senza nessun escamotage e che i cittadini scelgano i loro rappresentanti per legiferare su diritti fondamentali.
Probabilmente questo non è che il primo degli “incidenti” di percorso del treno della riforma costituzionale avviluppata inestricabilmente all’Italicum sul quale Renzi sta facendo pseudo-aperture per poter tener aperto il canale con il M5S e mantenere “sereno” Berlusconi.
I termini perentori per il voto in Aula, l’uso seriale del “canguro” per una riforma costituzionale e la preannunciata ghigliottina, la propaganda come mezzo di comunicazione: “loro hanno finito il tempo, noi non abbiamo finito la pazienza”, sono tutti boomerang che Renzi non potrà schivare a lungo né senza conseguenze.
E dopo aver creato ed imposto tutte le premesse per un iter parlamentare di conflitto permanente e di umiliazione dell’opposizione è troppo facile e poco credibile gridare come fa Pina Picierno al “tradimento” dei franchi tiratori e accomunarli ai 101 che hanno silurato l’elezione di Romano Prodi, dopo averla approvata nell’assemblea del Pd.
Certo sarebbe stato auspicabile che sulle riforme costituzionali non si dovesse ricorrere al voto segreto, un comodo riparo anche per chi vuole semplicemente garantirsi lo scranno per il futuro, ma per evitarlo il governo avrebbe dovuto procedere in modo opposto nel merito, nel metodo e nei tempi.
E soprattutto Renzi non avrebbe mai dovuto usare una riforma costituzionale per inventarsi una presunta autorevolezza internazionale con l’incredibile paradosso di subordinarla al rispetto del patto del Nazareno (palese ed occulto) che è “il miracolo”, per usare l’espressione di Casini, grazie al quale Berlusconi è sempre nel perimetro politico e continua a determinarlo.