Se Sea vince contro la Commissione e il tribunale di Strasburgo senza dover pagare i 425 milioni della sanzione (aumentati dai 360 iniziali a causa degli interessi), ciò può significare, per la normativa europea, solo che la vecchia società è estinta senza alcuna continuità con la nuova, cioè è davvero fallita.
Ma allora i 360 milioni di euro pubblici, cioè nostri, sono stati buttati dalla finestra e mai saranno recuperati.
Non si configura un caso di colossale danno erariale, degno di un intervento della Corte dei Conti? E chi risponderà politicamente per quella erogazione indebita di sussidi? L’amministrazione attuale non è probabilmente responsabile, ma forse non era opportuno che il sindaco di Milano, azionista principale di Sea, la Regione Lombardia e il ministro dei Trasporti abbiano continuato a incolpare di persecuzione la Commissione Ue. Suona un po’ troppo una denuncia di “inique sanzioni” di mussoliniana memoria, come per le “quote latte”. Ovviamente uno scenario economico e politico ancora più intollerabile si presenterebbe poi se Sea perdesse la causa. Ma a questo non vogliamo per ora neppure pensare.
Il Fatto Quotidiano, 27 Luglio 2014