Mohammed aveva 20 anni quando è stato colpito da un raid israeliano; si sarebbe spostato entro due settimane. Kenan e Saji sono stati uccisi insieme alla loro mamma quando la loro casa è stata bombardata. Ibrahim, 53, era un ingegnere a Gaza City morto insieme a sua moglie e ai 5 figli durante un raid notturno. “E’ stato ucciso da un frammento di proiettile, fino a pochi minuti fa stava ridendo”, ha detto il cugino di Sahir a sua madre, che in quell’istante realizzava di avere perso il figlio di 4 anni.
Storie dei morti di Gaza. Per una volta, raccontati non come cifre sui giornali di tutto il mondo, ma dagli stessi familiari, che hanno voluto congelare su internet i frammenti di vita di chi in pochi istanti è stato uccido da un raid aereo o da un proiettile di un cecchino. Madri, figli, nonni e amici: sono loro a postare sul portale www.beyondthenumber.org (“oltre i numeri”) le storie di chi è morto accanto a loro. Come Salem: le sue mani stavano scavando tra le macerie del quartiere di Shija’iyya per cercare i corpi dei suoi parenti. Opportunità troppo ghiotta per ogni cecchino: il 23enne è stato freddato in pieno pomeriggio. Salem è solo uno degli oltre 1.100 morti palestinesi dall’inizio dell’operazione “Margine protettivo”. Sono queste le storie a cui beyondthenumber.org vuole dare spazio, perché le vittime non siano solo numeri, ma ritratti di vita spezzati.
“Ogni foto ritrae una vittima e la sua storia“, raccontano gli organizzatori della piattaforma. A Gaza i morti sono solo numeri, non è mai raccontato alcun dettagli di come muoiono i palestinesi o di quel che stavano facendo in quel momento. “Mostrando i volti delle vittime e raccontando la loro storia”, continuano i webmaster, “Beyondthenumbers vuole spingere la comunità internazionale a prendere posizione. Ma soprattutto, vuole ricordare che queste storie, non devono perdersi nella memoria”. Dietro la piattaforma online, un gruppo di giovani che vuole restare anonimo. Non dichiarano dove vivono, ma dichiarano invece “di avere base in tutti e cinque i continenti”, e di essere impegnati “per la causa di una Palestina libera da ogni occupazione”. L’anonimo team internazionale, ha semplicemente creato il progetto e la piattaforma online, dove sono poi i civili palestinesi a poter uploadare autonomamente (e soprattutto direttamente dai territori del conflitto) le foto delle vittime e i loro ricordi.
È la prima volta che i palestinesi sotto attacco sono direttamente protagonisti della gestione di una piattaforma di questo tipo, ma non si tratta dell’unica iniziativa che tenta di dare un nome e un volto alla contabilità dei morti. Il Daily Telegraph ha pubblicato una cartina sulla quale riporta graficamente il numero di bimbi uccisi e i relativi nomi. Al Jazeera segna su una pagina del suo sito un record con tutti i nomi e le età delle vittime. Ma nessuna di queste iniziative aveva permesso ai parenti di mettere insieme i volti dei civili che stanno continuando a morire sotto le bombe israeliane.
Come quello di Samar Al-Hallaq, 29 anni, volontaria in un progetto inglese no-profit sulla produzione di arazzi palestinese tradizionali. Si era diplomata in insegnamento di inglese e aveva lavorato per la Unrwa (l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi). Suo marito studiava alla Oxford Brookes University, nel Regno Unito. A Samar, si legge sul suo profilo sul sito dell’organizzazione, “piaceva l’idea di diffondere la conoscenza della storia palestinese nel mondo attraverso i lavori delle donne“. È stata uccisa con i suoi due figli, di 4 e 5 anni, dal bombardamento su Sajaya, nel quale hanno perso la vita oltre 70 persone. Era incinta. Diversi altri suoi familiari sono morti nello stesso bombardamento. Suo marito è stato ricoverato in gravi condizioni.
Mondo
Gaza, “date nomi e volti alle 1.400 vittime” L’esperimento web di “Beyondthenumber”
Per andare "oltre i numeri" e il mero elenco dei morti, un team internazionale di giovani ha creato una piattaforma online rivolta agli abitanti della Striscia su cui postare foto e storie dei palestinesi che hanno perso la vita nell'operazione militare israeliana
Mohammed aveva 20 anni quando è stato colpito da un raid israeliano; si sarebbe spostato entro due settimane. Kenan e Saji sono stati uccisi insieme alla loro mamma quando la loro casa è stata bombardata. Ibrahim, 53, era un ingegnere a Gaza City morto insieme a sua moglie e ai 5 figli durante un raid notturno. “E’ stato ucciso da un frammento di proiettile, fino a pochi minuti fa stava ridendo”, ha detto il cugino di Sahir a sua madre, che in quell’istante realizzava di avere perso il figlio di 4 anni.
Storie dei morti di Gaza. Per una volta, raccontati non come cifre sui giornali di tutto il mondo, ma dagli stessi familiari, che hanno voluto congelare su internet i frammenti di vita di chi in pochi istanti è stato uccido da un raid aereo o da un proiettile di un cecchino. Madri, figli, nonni e amici: sono loro a postare sul portale www.beyondthenumber.org (“oltre i numeri”) le storie di chi è morto accanto a loro. Come Salem: le sue mani stavano scavando tra le macerie del quartiere di Shija’iyya per cercare i corpi dei suoi parenti. Opportunità troppo ghiotta per ogni cecchino: il 23enne è stato freddato in pieno pomeriggio. Salem è solo uno degli oltre 1.100 morti palestinesi dall’inizio dell’operazione “Margine protettivo”. Sono queste le storie a cui beyondthenumber.org vuole dare spazio, perché le vittime non siano solo numeri, ma ritratti di vita spezzati.
“Ogni foto ritrae una vittima e la sua storia“, raccontano gli organizzatori della piattaforma. A Gaza i morti sono solo numeri, non è mai raccontato alcun dettagli di come muoiono i palestinesi o di quel che stavano facendo in quel momento. “Mostrando i volti delle vittime e raccontando la loro storia”, continuano i webmaster, “Beyondthenumbers vuole spingere la comunità internazionale a prendere posizione. Ma soprattutto, vuole ricordare che queste storie, non devono perdersi nella memoria”. Dietro la piattaforma online, un gruppo di giovani che vuole restare anonimo. Non dichiarano dove vivono, ma dichiarano invece “di avere base in tutti e cinque i continenti”, e di essere impegnati “per la causa di una Palestina libera da ogni occupazione”. L’anonimo team internazionale, ha semplicemente creato il progetto e la piattaforma online, dove sono poi i civili palestinesi a poter uploadare autonomamente (e soprattutto direttamente dai territori del conflitto) le foto delle vittime e i loro ricordi.
È la prima volta che i palestinesi sotto attacco sono direttamente protagonisti della gestione di una piattaforma di questo tipo, ma non si tratta dell’unica iniziativa che tenta di dare un nome e un volto alla contabilità dei morti. Il Daily Telegraph ha pubblicato una cartina sulla quale riporta graficamente il numero di bimbi uccisi e i relativi nomi. Al Jazeera segna su una pagina del suo sito un record con tutti i nomi e le età delle vittime. Ma nessuna di queste iniziative aveva permesso ai parenti di mettere insieme i volti dei civili che stanno continuando a morire sotto le bombe israeliane.
Come quello di Samar Al-Hallaq, 29 anni, volontaria in un progetto inglese no-profit sulla produzione di arazzi palestinese tradizionali. Si era diplomata in insegnamento di inglese e aveva lavorato per la Unrwa (l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi). Suo marito studiava alla Oxford Brookes University, nel Regno Unito. A Samar, si legge sul suo profilo sul sito dell’organizzazione, “piaceva l’idea di diffondere la conoscenza della storia palestinese nel mondo attraverso i lavori delle donne“. È stata uccisa con i suoi due figli, di 4 e 5 anni, dal bombardamento su Sajaya, nel quale hanno perso la vita oltre 70 persone. Era incinta. Diversi altri suoi familiari sono morti nello stesso bombardamento. Suo marito è stato ricoverato in gravi condizioni.
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Strage di Capodanno a New Orleans: 10 morti. “Il killer ucciso era un ex militare Usa, aveva con sé la bandiera dell’Isis”. Per l’Fbi non è il solo responsabile
Politica
Il governo italiano chiede all’Iran il “rilascio immediato” di Cecilia Sala e “garanzie sulle condizioni di detenzione” della giornalista
Tel Aviv, 1 gen. (Adnkronos) - E' stallo nei negoziati tra Hamas e Israele per arrivare a un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e al rilascio degli ostaggi ancora trattenuti nell'enclave palestinese. Tanto che un accordo risulta alquanto improbabile prima che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden lasci l'incarico al suo successore Donald Trump. Lo scrive il Wall Street Journal citando mediatori arabi, secondo i quali Hamas sta insistendo he Israele si impegni a rispettare una tregua permanente nella Striscia di Gaza, condizione che Tel Aviv continua a respingere.
La mancanza di progressi nei colloqui è un duro colpo per il team del presidente Biden, che ha investito molto tempo e capitale politico spingendo inutilmente per un accordo, scrive il Wall Street Journal. Anche per i palestinesi di Gaza, stanchi di oltre un anno di combattimenti e privazioni, è una grande delusione tanto che hanno chiesto sui social media a Hamas di accettare un accordo che aiuterebbe a porre fine alla guerra.
Intanto in Israele le famiglie degli ostaggi stanno esercitando forti pressioni sul primo ministro Benjamin Netanyahu affinché raggiunga un accordo che garantisca la loro liberazione, sostenendo che ogni giorno di prigionia mette a rischio la loro vita e la loro salute.
Le speranze di un accordo tra Israele e Hamas erano aumentate dopo che Hezbollah aveva accettato le condizioni per un cessate il fuoco in Libano. Ma i colloqui si sono arenati man mano che si entrava nei dettagli ed entrambe le parti hanno indurito le loro posizioni. I mediatori hanno detto che Israele ha insistito sul fatto di ricevere solo ostaggi vivi in qualsiasi scambio e si è rifiutato di approvare il rilascio di alcuni dei detenuti palestinesi, mentre Hamas ha ripreso la sua richiesta di porre fine alla guerra.
L'ufficio di Netanyahu ha rifiutato una richiesta di commento da parte del Wall Street Journal, ma ha pubblicamente accusato Hamas di rinnegare i suoi impegni. Hamas ha invece accusato Israele di aver cambiato le sue richieste. ma ha detto che i negoziati, seppur ritardati, non sono ancora falliti.
Washington, 1 gen. (Adnkronos) - Un Cybertruck di Tesla è esploso a Las Vegas, nei pressi dell'ingresso del Trump International Hotel. Nello scoppio una persona ha perso la vita e altre sette sono rimaste ferite, riportano i media statunitensi. Secondo la polizia, l'esplosione è avvenuta nell'area parcheggiatori dell'hotel.
Roma, 1 gen. (Adnkronos) - Un uomo armato ha aperto il fuoco a Cetinje, in Montenegro, uccidendo sette persone, tra cui bambini. Le autorità riferiscono che il sospettato è ancora in libertà. La Polizia ha invitato i cittadini a non uscire dalle abitazioni, mentre ancora sono in corso le ricerche dell'aggressore.
Roma, 1 gen. (Adnkronos) - L'Italia ha chiesto al governo dell'Iran la ''liberazione immediata'' della giornalista italiana Cecilia Sala e "garanzie totali sulle sue condizioni di detenzione". E' quanto si apprende dalla Farnesina. Tali richieste sono contenute in una nota verbale che il ministero degli Esteri italiano ha consegnato al governo iraniano attraverso l'ambasciatrice a Teheran Paola Amadei.
La nota si inserisce nell'ambito del lavoro che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sta portando avanti con la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano per arrivare a una rapida e positiva soluzione della vicenda.
Sala è accusata di aver violato "le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". Entrata in Iran con visto giornalistico il 14 dicembre, la giornalista si trova in isolamento nel carcere di Evin da oltre 10 giorni.
"Interpreto, in queste ore, l’angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala. Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. "Quanto avviene segnala ancora una volta il valore della libera informazione. Tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità", ha sottolineato il capo dello Stato (VIDEO).
Brescia, 1 gen. (Adnkronos) - Una bambina di tre anni è rimasta gravemente ferita da un colpo partito da una pistola. E' accaduto in un'abitazione a Gardone Val Trompia in provincia di Brescia e sul posto sono intervenuti i carabinieri. La pistola e le munizioni, a quanto si apprende, erano legalmente detenute dal padre. Da una primissima ricostruzione il colpo sarebbe partito accidentalmente mentre la bambina maneggiava l'arma trovata in casa. Sull'accaduto sono in corso le indagini dei carabinieri.
Roma, 1 gen. (Adnkronos) - L'Italia ha chiesto al governo iraniano la ''liberazione immediata'' della giornalista italiana Cecilia Sala e "garanzie totali sulle sue condizioni di detenzione". E' quanto si apprende dalla Farnesina. Tali richieste sono contenute in una nota verbale che il ministero degli Esteri italiano ha consegnato al governo iraniano attraverso l'ambasciatrice a Teheran Paola Amadei.
La nota si inserisce nell'ambito del lavoro che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sta portando avanti con la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano per arrivare a una rapida e positiva soluzione della vicenda.
Cecilia Sala è accusata di aver violato "le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". Entrata in Iran con visto giornalistico il 14 dicembre, la giornalista si trova in isolamento nel carcere di Evin da oltre 10 giorni.
“Interpreto, in queste ore, l’angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala. Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. "Quanto avviene segnala ancora una volta il valore della libera informazione. Tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità", ha sottolineato il capo dello Stato (VIDEO).
Roma, 1 gen. (Adnkronos) - "Tra le cose belle dell'1 gennaio c'è la fine della Presidenza di turno Ue all'Ungheria e questa procedura che ricorda che l’Unione si fonda sui diritti". Lo scrive l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran, sui social sul taglio fondi Ue all'Ungheria.