La struttura l'anno scorso era stata chiusa dopo il sequestro di quattro delfini per maltrattamenti. Ora è stata riaperta grazie ad un intervento del comune, ma il dicastero all'ambiente chiede che vengano ritirati gli animali concessi dalla società Leo 3000 che gestisce il safari di Fasano
È una battaglia senza fine quella che ruota intorno al Delfinario di Rimini, nel mirino non solo delle associazioni ma anche della Procura, che l’anno scorso aveva confermato il sequestro di 4 animali per maltrattamenti. Ora, dopo mesi di chiusura e la riapertura grazie al via libera del Comune, è il ministero dell’Ambiente a scrivere l’ennesimo capitolo della vicenda. Facendo sapere di aver diffidato la società Leo 3000, che possiede e gestisce lo Zoo Safari di Fasano, in provincia di Brindisi, a recuperare le otarie date in prestito e usate nella struttura romagnola per rimpiazzare i delfini. Per il ministero, infatti, un giardino zoologico come quello pugliese non può sfruttare o cedere in prestito i propri esemplari per spettacoli, ma limitarsi a garantire la conservazione della specie e la tutela delle biodiversità.
Lo spiega lo stesso ministro, Gianluca Galletti, nella risposta all’interpellanza sul Delfinario riminese, presentata dal deputato del Gruppo misto ed ex M5S, Alessio Tacconi. Il parlamentare aveva chiesto un intervento urgente per far rispettare il decreto di chiusura della struttura zoologica, perché non rispetta i minimi parametri previsti da una direttiva europea del 1999 e da un Decreto legislativo del 2005. “Si sta seguendo l’intera vicenda con la massima attenzione – specifica Galletti – in stretta collaborazione con il Corpo forestale dello Stato, al fine di intraprendere ogni idonea iniziativa dove si ravvisino difformità nell’applicazione della normativa”.
Nel testo della risposta, vengono poi ripercorse tutte le fasi, dallo stop dell’estate scorsa, alla ripartenza di inizio luglio. La vicenda, infatti, inizia oltre un anno fa. “In seguito di un’ispezione condotta nell’estate 2013 dal servizio Cites del Corpo forestale dello Stato, la struttura non rispettava le disposizioni di legge circa i requisiti minimi concernenti il benessere, la salute e l’igiene degli animali, violando le disposizioni ministeriali in materia di mantenimento in cattività”.
Da lì il sequestro dei delfini, trasferiti all’acquario Genova. Un provvedimento confermato dai pm, che porta rapidamente alla chiusura della struttura, dopo una storia di circa mezzo secolo. All’inizio di luglio di quest’anno, però, il colpo di scena: il Delfinario riapre i battenti, forte dell’autorizzazione ottenuta dall’amministrazione comunale di Rimini. Niente delfini però. Al loro posto, a intrattenere i visitatori e i turisti, tre leoni marini, appartenenti alla specie delle otarie, non protetta. Animali che provengono proprio dallo zoo di Brindisi, a cui è diretta la nota del ministero. Il Ministero dell’Ambiente, coinvolgendo il Corpo forestale dello Stato e la Prefettura di Rimini, ha avviato gli opportuni accertamenti finalizzati all’esatta ricostruzione dei fatti in rapporto alla normativa vigente. Gli otaridi da adibire agli spettacoli sono giunti nella struttura il 4 luglio, e su prescrizione del servizio veterinario, a salvaguardia del loro benessere, sono stati tenuti a riposo fino al successivo 7 luglio, data della prima esibizione”.
Vista la documentazione acquisita, si legge in un altro passaggio, “il ministero ha provveduto a diffidare la società Leo 3000, con nota del 16 luglio, affinché venga disposto l’immediato rientro degli esemplari di proprietà presso la struttura ‘Zoo Safari di Fasano”. Pena: il mancato rilascio della licenza di giardino zoologico. Questo perché, secondo il ministero, “l’impiego di animali di proprietà, a seguito di cessione temporanea in attività spettacolari autorizzate, non è compatibile con le finalità di un giardino zoologico, che sono unicamente quelle di garantire la conservazione ex situ delle specie e la tutela della biodiversità.“