Il nuovo gruppo, partecipato al 77% da Fiat e al 23% dalla famiglia Perrone, sarà presieduto da John Elkann, mentre Carlo Perrone ne assumerà la vicepresidenza. A detta di molti la fusione va inquadrata in un progetto più ampio: un polo unico nell'orbita del Corriere della Sera, di cui gli Agnelli hanno il 16,7%
La Stampa e il Secolo XIX, dopo anni di indiscrezioni e rumor, si uniscono per dar vita a un nuovo gruppo editoriale. Le società proprietarie dei quotidiani basati a Torino e Genova, cioè da un lato la Editrice La Stampa della famiglia Agnelli e dall’altro la Sep (Società edizioni e pubblicazioni) dei Perrone, si fonderanno in Italiana Editrice. La maggioranza (77%) sarà di Fiat e sulla poltrona di presidente siederà John Elkann, mentre Carlo Perrone, con il 23%, avrà la vicepresidenza. L’obiettivo, spiega una nota congiunta – è quello di creare “un nuovo protagonista del panorama editoriale nazionale, capace di affrontare con maggiore forza le sfide legate alla trasformazione del settore”.
Le voci sul polo unico Milano-Torino-Genova – Fin qui gli annunci. Di fatto però la svolta si colloca nella situazione di sofferenza economica dei due editori. E, a detta di molti, va inquadrata in un progetto più ampio di cui si vocifera da oltre un anno. Da quando cioè l’erede dell’Avvocato, attraverso Fiat, ha sborsato circa 90 milioni per diventare primo azionista di Rcs con il 20%, quota scesa ora al 16,7%. Il piano sarebbe quello di creare un polo unico, con dentro Stampa e Secolo, nell’orbita della società che edita il Corriere della Sera. Sul fatto che il consolidamento sia nell’aria da tempo ci sono pochi dubbi: lo stesso amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane, lo scorso ottobre aveva risposto “non confermo né smentisco” alle domande su una possibile fusione tra il Corriere e il quotidiano diretto da Mario Calabresi. Prospettiva che appare ancora più agevole dopo la notizia della prossima uscita di Ferruccio De Bortoli dal quotidiano di via Solferino, annunciata e programmata per il prossimo aprile. Se ne saprà di più la prossima primavera, dopo l’addio di De Bortoli e sulla base al peso relativo che in quel momento avranno i soci di Rcs, tra cui Diego Della Valle (oggi al 7,3%) e Urbano Cairo (3,6%).
Gli indizi e i passi già fatti – Gli elementi, a ben guardare, non mancano. Partiamo dai conti. L’Editrice La Stampa ha perso 14 milioni nel 2011, 27 nel 2012 e oltre 66 lo scorso anno, di cui però 39 imputabili alla concessionaria di pubblicità Publikompass. Risultato: tra 2012 e 2013 Fiat ha dovuto iniettare nella società quasi 150 milioni. Lo scorso aprile, davanti a proiezioni che danno anche il 2014 in rosso per 4-5 milioni, dal Lingotto è arrivato un ultimatum: o il pareggio di bilancio o per il quotidiano torinese, che è già in stato di crisi e sta ultimando un piano di prepensionamenti, sarebbero arrivati nuovi tagli. Nel frattempo, a dicembre 2013, la società aveva affidato tutta la raccolta pubblicitaria nazionale – per la carta e per il web – alla Rcs Pubblicità del gruppo guidato da Scott Jovane. Ridimensionando di conseguenza Publikompass (il 70% della forza lavoro è stato messo in mobilità). Sul fronte genovese, dove di nozze con Torino si parla dal 2005-2006 quando un primo tentativo andò a monte, l’ultimo bilancio disponibile (2012) si è chiuso con perdite per 4,5 milioni. Dal novembre scorso i 77 redattori sono in contratto di solidarietà al 25% fino al 31 dicembre 2015. E Perrone ha speso molto di suo, negli ultimi dieci anni, per risanare l’azienda con corpose ricapitalizzazioni. L’anno scorso, su indicazione delle banche creditrici, ha affidato a una società di consulenza la messa a punto di un piano di riduzione dei costi, rilancio e “rielaborazione dell’offerta multimediale”. I risultati della “prima tappa” sono stati presentati a metà giugno. Ma nel frattempo gli istituti avrebbero spinto per le nozze con la Stampa. Per le quali, a cose fatte, anche il progetto di rinnovamento mirato a integrare al meglio carta e web appare funzionale. Peraltro nell’estate 2013 alla guida di Sep era arrivato da Torino l’ex direttore generale di Publikompass Maurizio Scanavino, mossa che aveva riacceso i riflettori sul possibile piano di integrazione sotto l’ombrello degli Agnelli. Cioè, in ultima analisi, in quella Rcs che dopo aver archiviato il 2013 con un rosso di 218 milioni, la definitiva chiusura di sei testate periodiche e la cessione di altre quattro, nei primi sei mesi del 2014 ha ridotto le perdite a 70 milioni.
Il senso degli Agnelli per i giornali – Quel che è certo è che la (costosa) passione per l’editoria della famiglia Agnelli, proprietaria del quotidiano torinese fin dagli anni ’20 del secolo scorso e nel 1973 anche grande azionista dell’Editoriale Corriere della Sera, si trasmette di generazione in generazione. E sembra impermeabile alla crisi. Rcs e Stampa a parte, Elkann siede dal 2009 nel cda del britannico The Economist, di cui ha una piccola quota, e dal 2013 in quello della News Corp di Rupert Murdoch, a cui fanno capo Wall Street Journal, New York Post, Times, Sunday Times e Sun. E anche su questo fronte non mancano le indiscrezioni: dopo la riorganizzazione delle tv europee con il marchio Sky in un’unica superpiattaforma, alcuni analisti ipotizzano che gli Agnelli possano essere interessati a investire nel colosso che lo Squalo è intenzionato a creare conquistando Time Warner. Che a sua volta controlla la Cnn.
Elkann promette: “Stampa e Secolo manterranno le loro testate” – Dopo l’annuncio della fusione, Elkann ha garantito che “i valori che hanno guidato entrambe” le testate “per oltre un secolo rimarranno gli stessi, come pure l’indipendenza e la qualità dell’informazione offerta quotidianamente ai propri lettori”. Quanto alla sorte dei due “marchi”, il presidente di Fiat (che venerdì ha officiato l’assemblea che ha dato il via libera alle nozze tra Fiat e Chrysler) ha detto che “la Stampa e il Secolo XIX continueranno a uscire con le loro storiche testate, rafforzando ognuna il dialogo con il proprio territorio, ma al contempo avranno entrambe alle spalle un’unica società più efficiente e più solida dal punto di vista economico e finanziario”. Promessa che, peraltro, potrebbe essere mantenuta anche nel quadro di un’unica società editoriale con diversi dorsi locali. Perrone, dal canto suo, ha evocato i “profondi mutamenti generati dall’evoluzione tecnologica” che l’editoria sta conoscendo e ha auspicato che l’integrazione che caratterizzerà il nuovo possa costituire “la base per affrontare al meglio le future sfide di un mercato sempre più caratterizzato dallo sviluppo digitale”. In un’intervista al direttore Umberto La Rocca, che comparirà sul Secolo XIX domenica, Perrone afferma poi che l’accordo è la “soluzione ideale” per “mettere in sicurezza il giornale” e non solo garantisce “la sopravvivenza”, ma per il quotidiano è anche “la garanzia di poter continuare ad essere, come è sempre stato nella sua lunga storia, la voce di Genova e della Liguria”. Le nuove dimensioni del gruppo, infatti, “permetteranno il conseguimento di quei risultati economici che sono alla base di un’informazione realmente libera e indipendente e di scoprire e di attirare nuovi talenti giornalistici anche nel settore digitale”.
Timori di ricadute sugli organici – I rappresentanti sindacali dei giornalisti della Stampa incontreranno l’azienda per un confronto sulla fusione all’inizio della prossima settimana, mentre quelli del Secolo XIX si sono riuniti in assemblea già sabato pomeriggio ma non hanno ricevuto chiarimenti sull’eventuale nuovo piano editoriale né sull’impatto che l’operazione avrà sugli organici. Oggi nel giornale torinese lavorano 165 giornalisti assunti e in quello genovese 77. Franco Siddi, segretario del sindacato unitario dei giornalisti italiani (Fnsi) ha detto che l’annuncio di Elkann e Perrone “richiede grande attenzione per la portata dell’improvvisa comunicazione e suscita amarezza per le svolte che la crisi economica e quella dei giornali stanno determinando” e “l’alleanza dovrà essere chiarita in tutti i suoi effetti, editoriali, organizzativi, occupazionali“: se la nuova impresa “rafforzerà identità delle testate e progettualità editoriale, avendo al centro il lavoro, in particolare i giornalisti patrimonio essenziale, per migliorare offerta e risultati sarà una cosa. Se invece si punterà tutto sulla razionalizzazione tecnica, con disinvestimenti editoriali più o meno lineari, sarà impossibile parlare di svolta”.
L’operazione, comunque, dovrà ottenere il via libera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e l’ok dei consigli di amministrazione e delle assemblee degli azionisti di entrambe le società, che si terranno entro ottobre. Le “nozze” non si celebreranno quindi prima della fine dell’anno.