Una commissione indipendente ha stabilito che l’orario di lavoro dei dipendenti di Sukiya, una nota catena di ristoranti fast food giapponese con piatti a base di carne di manzo, va oltre i limiti. Dopo un’indagine il gruppo ha rilevato che solo nel mese di marzo 418 lavoratori intervistati hanno fatto 109 ore di straordinari, 45 ore mensili in più rispetto agli standard consentiti dall’accordo dell’azienda. In alcuni casi il personale lavorava regolarmente per più di 500 ore al mese ben sopra i limiti da “karoshi” (過労死), termine da tempo noto in Giappone per indicare la morte per eccesso da lavoro.
I segnali che hanno portato a questi controlli sui ristoranti si erano accentuati sin dall’inizio dell’anno. Da qualche tempo molti lavoratori della catena, diffusa in tutto l’arcipelago con circa 1900 negozi avevano iniziato ad andarsene per la troppa pressione.
Alcuni si lamentavano di non riuscire a tornare a casa per due settimane di seguito, altri di non potersi prendere una pausa per il bagno per ore. In segno di protesta hanno deciso di farsi sentire a modo proprio: hanno prima iniziato a postare via social media, soprattutto Twitter, le foto dei locali con pile di vassoi da sistemare e clienti da servire.
Molte discussioni sono andate anche su 2channel, un forum online molto conosciuto in Giappone.
La diffusione di queste proteste sulla rete non ha fatto buona pubblicità alla catena. Nonostante le difficoltà nel trovare lavoro anche in Giappone, molti annunci di Sukiya per cercare personale part time per coprire le fasce orarie e mantenere un servizio 24 ore su 24 sono andati a vuoto. E così circa 250 negozi sono stati costretti a ridurre gli orari di apertura e alcuni hanno anche chiuso.
La protesta è stata paragonata dall’Asahi Shimbun allo sciopero di 128 anni fa delle donne di una fabbrica di seta a Yamanashi, dove lavoravano per 14 ore al giorno. Ma i ristoranti Sukiya non sono gli unici a essere sotto attacco per le ingiuste condizioni lavorative. Chi controlla la catena Sukiya è la Zenshon, già da tempo nella lista delle “aziende nere”, con riferimento alle condizioni di sfruttamento nell’ambiente di lavoro. Ne fanno parte altri colossi tra cui Watami, un’altra catena di ristoranti, Benesse, del settore dell’educazione o i grandi magazzini Tokyu Hands.
La commissione per ora ha chiuso chiedendo che vangano rispettate gli orari di lavoro e vengano eliminati i turni da una sola persona la sera tardi. Ma i risultati di questa protesta potrebbero avere presto conseguenze anche per altre aziende in Giappone.