Hanno accusato le società che, secondo loro, avevano fatto scarsa manutenzione. Hanno messo nero su bianco il calcolo del possibile ritorno economico che quelle aziende avrebbero avuto da questo risparmio. Hanno puntato il dito, infine, contro un dirigente del ministero dei Trasporti che – dicono – ha ostacolato le indagini. I componenti della commissione ministeriale investigativa che hanno indagato sull’incidente ferroviario di Bressanone (era il 6 giugno 2012) avevano usato parole chiare per spiegare perché secondo loro quel treno merci deragliò nella stazione altoatesina. Ma chi voleva leggere quelle parole sul sito del ministero dei Trasporti non ha potuto: lo stesso dirigente accusato, cioè il direttore per le investigazioni ferroviarie del ministero dei Trasporti Marco Pittaluga, ha censurato la relazione della commissione investigativa perché “non condivise”. Tanto che ora il presidente della commissione Roberto Focherini ha scritto al ministro Maurizio Lupi: “Si ricordi – che la nomina del direttore per le investigazioni è competenza del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e quindi anche la responsabilità del suo operato“.
E pensare che la prima causa dell’incidente di Bressanone, secondo i tecnici della commissione, è analoga della strage di Viareggio, avvenuta il 29 giugno 2009, quando morirono 32 persone e per la quale è in corso un processo dove sono imputati tutti i vertici delle Ferrovie dello Stato. Nella stazione di Bressanone a deragliare non fu un treno carico di gpl come in Versilia, ma un treno merci carico di rottami. Ma in entrambi i casi si è trattato di un deragliamento causato da un problema a un assile di uno dei vagoni. In sostanza per scarsa manutenzione. A Bressanone non morì nessuno, si fecero male senza gravi conseguenze solo i due macchinisti. Ma forse fu un caso. Era mezzogiorno: un’oretta dopo la stazione si sarebbe riempita di studenti al ritorno da scuola.
Dopo quasi due anni di indagini, a maggio di quest’anno, la commissione ministeriale investigativa ha presentato la sua relazione. Ma sul sito del ministero dei Trasporti è stata pubblicata il 18 luglio oscurata in più parti da grosse righe nere. L’autore è proprio Pittaluga: lo dichiara lui stesso nella prefazione. “Alcune parti della allegata relazione non vengono dal sottoscritto condivise – scrive – Ho ritenuto di mondare la Relazione tecnica predisposta dagli investigatori incaricati, nelle parti che ho sopra descritto”. Il direttore delle investigazioni cancella tra l’altro anche l’accusa a lui rivolta di aver ostacolato le indagini. “Non si ringrazia – avevano scritto gli autori della relazione, Focherini e Scagliarini – il Direttore Generale Marco Pittaluga che ha ostacolato, abusando della propria autorità, lo svolgimento delle indagini, procrastinando la consegna della relazione”.
A risultare illeggibili parti delle accuse rivolte alle aziende addette alla manutenzione degli assili che si sono scomposti: la Öbb Ts, l’impresa austriaca responsabile della manutenzione del carro, e la Zos, l’officina slovacca che aveva in subappalto la manutenzione. Circostanze anche in questo caso sovrapponibili a quelle della strage di Viareggio. Gli assili, cioè le coppie di ruote infilate in un asse sotto ogni carro, presentavano un’eccessiva rugosità, secondo gli esperti. E questa, se da un lato provoca un “aumento del rischio nella formazione di cricche”, cioè le fratture alla base dei deragliamenti, dall’altro consente di assicurarsi assili che nel tempo si consumano molto meno: un risparmio per chi deve fare la manutenzione. E completamente oscurata sul sito del ministero è la parte in cui la Commissione investigativa prova a fare un calcolo su questo punto: “E’ possibile che in tutto ciò ci sia un ritorno economico e cioè quello di avere degli assili a vita ‘infinita’”. Gli ingegneri calcolano: “Considerando che solitamente in un carro ci sono 4 assili, che il costo di un assile dell’ordine di 1250 euro e ipotizzando un parco di carri dell’ordine di 20mila carri, il vantaggio nel non sostituire un assile nuovo su tutti i carri genera un utile U dell’ordine: U=4*1250*20000=100M€ cioè un utile dell’ordine di 100 milioni di euro”. Illeggibili sono anche i calcoli elaborati dagli ingegneri della Commissione per definire parametri più rigidi che evitino la fuoriuscita delle ruote dagli assi. “Un fatto inaudito e gravissimo” commentano i ferrovieri di Ancora in marcia!, storica rivista delle organizzazioni sindacali di base dei macchinisti italiani, che non esitano a parlare di censura e di “un quadro inquietante sulla trasparenza delle ‘investigazioni’ svolte dal ministero”. Proprio a loro i componenti della commissione Focherini e Scagliarini hanno spedito il testo autentico perché fosse diffuso.
C’è di più. Il lavoro della commissione evidentemente è stata tenuto in considerazione dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria – un organo indipendente – che ha diramato una comunicazione urgente in cui ordina con effetto immediato a tutte le imprese ferroviarie italiane di non accettare le sale montate (cioè l’insieme di ruote e assili) gemelle di quelle lavorate dall’officina slovacca Zos sul treno deragliato a Bressanone. Negli ultimi due anni però quei pezzi sono circolati.