Sdoganato da trovate eccelse come la banconota da 11mila lire, in Italia l’ingegno miracolistico in politica economica alimenta una variante dell’avanspettacolo con malcelate aspirazioni colte. Anzi, dal mito del salario come variabile indipendente (la versione sindacale della biblica manna dal cielo), all’evergreen della politica industriale (in virtù della quale statisti del calibro di Tremonti, Galan, Formigoni, Gasparri, Penati&Bersani, Clini o Vendola indirizzerebbero le risorse pubbliche e private), oggi le salumerie che dispensano prosciutto da bulbo oculare, si piccano di impartire approfondimenti televisivi. In questo campo il San Daniele sagacemente stagionato è rappresentato dalla mistica della spesa pubblica e il relativo Sacro Graal del cosiddetto moltiplicatore keynesiano (appellativo atto a evocare i pani e i pesci evangelici). Basterebbe citare l’incalcolabile numero di crisi economiche e finanziarie (dall’Argentina alla Grecia, dall’Indonesia all’Ecuador) provocate dalla spesa pubblica fuori controllo, per capire che l’unico moltiplicatore è quello delle clientele elettorali e dei debiti che zavorrano il futuro delle nuove generazioni.
Per sincerarsene basta un banale conto della serva. Se il moltiplicatore della spesa pubblica fosse quella panacea tramandata dai rituali sciamani spacciati per modelli macroeconomici, all’aumentare del deficit pubblico si assisterebbe a una crescita esplosiva del Pil e di conseguenza al rapido riassorbimento del debito dello Stato. In particolare, sarebbe quasi impossibile un debito pubblico in costante ascesa in rapporto al Pil. Immaginate un governo senza debiti, che dal pareggio di bilancio passasse, da un anno all’altro, a un deficit del 10% del Pil (finanziato con cambiali chiamate pudicamente titoli di stato). Immaginate che il moltiplicatore dispiegasse i suoi mirabolanti effetti nel corso di due anni e i beneficiati dalla munificenza pubblica (destinati allo scavo di buche inutili) ne spendessero il 70% (risparmiando il resto). Il Pil in due anni aumenterebbe cumulativamente del 30% (in termini reali). Ipotizzando un interesse reale del 5% sul debito pubblico e una tassazione media (viva l’ottimismo) del 33% del Pil (Irpef, Iva e gabelle varie) in due anni il debito (compresi gli interessi) verrebbe azzerato, anzi si produrrebbe un piccolo avanzo di bilancio. Per inciso, se i beneficiati ne spendessero l’80% il Pil aumenterebbe del 50% eclissando persino la performance evangelica. Per esempio gli 80 euro renziani (ancora senza copertura strutturale) secondo questi calcoli dovrebbero produrre un effetto sul Pil come minimo di 240 euro. Fenomeni di tale portata non si sono mai riscontrati nella storia dell’umanità.
Non si hanno notizie di debito pubblico velocemente riassorbito grazie allo stimolo messo in moto dalla spesa pubblica. Né si conoscono casi di debito pubblico che sale e in seguito scende in modo ordinato, senza misure fiscali correttive. Al contrario, in Italia, come nel resto del globo, all’aumentare del deficit pubblico, il debito pubblico rispetto al Pil ricorda Nibali sui Pirenei rispetto al gruppo. Le derive complottiste dei novelli stampatori La versione più allucinata del moltiplicatore prevede che il deficit non venga finanziato con cambiali, ma con la stampa di moneta ad libitum. Qui entriamo nel tragicomico mondo della Modern Monetary Theory (MMT) che costituisce la variante estrema delle corbellerie no euro, secondo le quali la svalutazione permanente sarebbe la chiave di volta di un’economia fiorente. La MMT non si limita alla modesta cifra di 11mila lire, ma propugna banconote costellate di cifre a profusione. Lo sviluppo, secondo questo metodo Stamina della politica economica sarebbe faccenda oltremodo banale. Invece di infrastrutture, fabbriche, servizi legali, istruzione, trasporti, ricerca, sanità e via dicendo, l’economia si manderebbe avanti con lenzuolate di carta moneta distribuite come grandine. Ogni deficit pubblico si ripianerebbe con foglietti colorati e quindi non esisterebbe motivo alcuno per lavorare, tranne che per gli impiegati della Zecca. Ma per non oberare questi malcapitati, basterebbe dare a ogni italiano (e anche a ogni immigrato) una stampante e una congrua dotazione di carta filigranata, in modo che quando occorrono soldi li si possa produrre comodamente in tinello magari mentre si guarda beati La Gabbia su La7. Alternativamente il governo potrebbe distribuire una carta di credito senza limite di spesa e senza obbligo di rimborso. Se ne occuperebbero in automatico da via XX settembre senza fiatare.
Insomma la MMT è la versione più strampalata del Paese dei Balocchi, che si incastra con una congerie di teorie complottistiche volte a spiegare come poteri occulti blocchino questo favoloso portento. Ma se la MMT funzionasse come mai i governanti di tutto il mondo sarebbero così masochisti da non adottarla? Anche escludendo i governanti di Stati Uniti e paesi occidentali, notoriamente sotto lo schiaffo del Bilderberg, i leader cubani, iraniani, bielorussi, ecuadoregni, nicaraguensi, nordcoreani si comportano da dementi ostinandosi a non stampare moneta a rotta di collo e rendere i loro popoli prosperi e felici impartendo al tempo stesso uno smacco epocale ai loro nemici. Rimane solo un faro di civiltà che illuminerà la strada della Verità e del Progresso ai popoli: l’Argentina.
Da Il Fatto Quotidiano del 30 luglio 2014