L'ex premier inglese diventa lobbista per il consorzio che vuole importare gas dell'Azerbaigian in Europa. Con sbarco nel Salento. Ma da anni Movimento 5 Stelle, ambientalisti e agricoltori si oppongono al progetto. Secondo il quotidiano britannico Guardian, che ha dato la notizia, il nuovo ruolo di Blair è contestato anche delle organizzazioni per i diritti umani che contestano le restrizioni alla libertà imposte dal presidente azero Aliyev
L’ex premier laburista britannico Tony Blair diventa lobbista per il consorzio che realizzerà il discusso gasdotto Tap, destinato ad approdare nel Salento. Come riportato dal quotidiano Guardian, infatti, Blair siederà tra i consulenti della società partecipata da British Petroleum, dalla norvegese Statoil e dal gruppo pubblico dell’Azerbaigian Socar. Con il compito di facilitare la soluzione dei problemi “politici, sociali e di reputazione” con cui si sta scontrando il progetto messo a punto per trasportare il gas azero dal Mar Caspio all’Europa attraverso Grecia e Albania. Al gasdotto, che dovrebbe essere operativo nel 2018 e secondo il consorzio è “critico” per la diversificazione energetica europea, si oppongono infatti da anni Movimento Cinque Stelle, ambientalisti, agricoltori e comunità locali. E la notizia del nuovo incarico di Blair, scrive il Guardian, “ha provocato malumore tra la gente che vive nei pressi della destinazione finale” del Tap. Già indispettita per le ricche campagne di sponsorizzazioni mirate a migliorare l’immagine del progetto. Tanto che il reporter del quotidiano, dopo aver citato le critiche di un’abitante di Melendugno e dell’associazione Re:Common, avverte: “Blair, che ama passare le vacanze in Italia, potrebbe doverci pensare due volte prima di visitare alcune parti della Puglia”.
Per di più il progetto è stato fortemente voluto dal presidente azero Ilham Aliyev, che il Guardian definisce “leader autocratico di un Paese dell’ex blocco sovietico” e che ha un gran bisogno di compensare con i proventi della vendita del metano il calo dei profitti che derivano dal petrolio. Di qui le proteste di alcune organizzazioni per i diritti umani, forti anche dell’ultimo rapporto del dipartimento di Stato americano secondo il quale in Azerbaigian “c’è stato un aumento delle restrizioni alla libertà di espressione, di assemblea e associazione, inclusi intimidazioni, arresti e uso della forza contro i giornalisti e gli attivisti per i diritti umani e la democrazia”. Relazioni pericolose per l‘ex primo ministro, che è anche inviato del Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu) per il Medio Oriente.