Il gip di Reggio Calabria ha mandato a processo anche altre tre persone che, come l'ex ministro, avrebbero aiutato Matacena, l'ex parlamentare di Forza Italia ancora latitante dopo una condanna definitiva per concorso esterno
Il gip di Reggio Calabria Olga Tarzia ha accolto la richiesta della Direzione antimafia e ha disposto il processo con rito immediato per l’ex ministro Claudio Scajola, Chiara Rizzo ed altre tre persone nell’ambito dell’inchiesta sui presunti aiuti alla latitanza dell’ex deputato Amedeo Matacena. Il processo è stato fissato al 22 ottobre. Era stata invece stralciata dalla stessa Dda la posizione di Matacena, che attualmente si trova a Dubai dopo la condanna a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo con rito immediato è stato disposto anche per il factotum di Matacena Martino Politi e per le segretarie di Matacena e Scajola, Maria Grazia Fiordalisi e Roberta Sacco.
E’ stata invece stralciata dalla stessa Dda reggina la posizione di Matacena, quella della madre dell’ex deputato, Raffaella De Carolis, e dell’ad della società Amadeus, la holding della famiglia Matacena, Antonio Chillemi, per i quali l’inchiesta va avanti. La Procura Distrettuale antimafia di Reggio ritiene di avere raccolto elementi più che sufficienti per sostenere l’accusa in un’aula di giustizia. Scajola e Rizzo, a distanza di tre mesi dall’arresto, si trovano attualmente ai domiciliari e la decisione del giudice è giunta proprio a tre giorni dalla scadenza dei termini della misura. Scajola, la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, ed il factotum dell’ex politico, Politi, dovranno rispondere di procurata inosservanza della pena. La Rizzo e Politi sono accusati anche di avere schermato i beni dello stesso Matacena allo scopo di sottrarli ad un eventuale sequestro.
L’ex ministro dell’Interno, in particolare, secondo i pm Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio ed il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, si sarebbe attivato allo scopo di fare spostare Matacena da Dubai, dove si era rifugiato dopo la condanna, in Libano, ritenuto un Paese più tranquillo per evitare l’estradizione. A confermarlo, secondo l’accusa, ci sono una serie di telefonate intercorse tra lo stesso Scajola e Chiara Rizzo, ed i contatti avuti dall’ex ministro con Vincenzo Speziali, nipote omonimo dell’ex senatore del Pdl. Un tentativo che, per la Dda, avrebbe visto Scajola giocare un ruolo da protagonista grazie ai suoi “contatti privilegiati” ed alle sue conoscenze, compresa quella con Vincenzo Speziali, che vive in Libano e sarebbe in contatto con esponenti politici libanesi di primo piano, tra i quali l’ex presidente Amin Gemayel.
Tra i numerosi documenti acquisiti nel corso delle indagini dalla Dda di Reggio Calabria ci sarebbe anche una lettera che gli inquirenti attribuiscono proprio a Gemayel nella quale si fa riferimento al trasferimento di Matacena da Dubai in Libano. Nei giorni scorsi il gip di Reggio Calabria ha formalizzato lo stato di latitanza di Matacena. Nelle settimane scorse la Dda ha emesso nei confronti di alcuni degli indagati degli avvisi a comparire in quanto, in sede di tribunale del riesame, l’accusa, pur senza modificare il capo d’imputazione, ha contestato nuovi fatti che non erano stati oggetto degli interrogatori fatti precedentemente con il pm.