Il Centre hospitalier universitaire di cure palliative di Clermont-Ferrand a settembre 2014 aprirà uno spazio dove i pazienti e i loro familiari potranno degustare sotto controllo medico vini, whisky e champagne: "È un altro modo di prendersi cura delle persone"
Una cantina di vini pregiati, champagne e whisky, e uno spazio accogliente dove gustarli per regalarsi piccoli momenti di piacere. Non stiamo parlando dell’ultimo locale alla moda aperto in qualche grande metropoli europea, ma di un wine-bar destinato a sorgere in una location davvero speciale, ossia nel reparto di un ospedale che si occupa di malati terminali. Aprirà infatti i battenti a settembre 2014 il wine-bar del Centre hospitalier universitaire (CHU) di cure palliative di Clermont-Ferrand, in Francia, un esperimento davvero particolare che tenta di mettere assieme due situazioni apparentemente inconciliabili tra loro: la passione per la degustazione del vino e condizioni di salute purtroppo precarie.
Una scelta probabilmente destinata a sollevare qualche polemica, anche se la direttrice del reparto Virginie Guastella spiega chiaramente con quale filosofia e con quali obiettivi sia stata lanciato tale progetto: «È un altro modo di prendersi cura delle persone. D’altronde i francesi hanno da sempre un rapporto edonistico con l’enogastronomia, con i momenti di condivisione e convivialità che regala. Perché rifiutarla alla fine della vita? È un divieto che non ha senso». Nell’ottica dell’ospedale la possibilità di degustare calici di qualità sotto stretto controllo medico potrebbe aiutare i pazienti e le loro famiglie ad affrontare meglio le difficoltà di ogni giorno. E in quest’ottica anche l’ambiente del wine-bar sarà pensato per essere accogliente e rilassante, per garantire ai ricoverati e ai loro cari momenti di svago e confronto.
Questo particolarissimo locale potrà contare su una carta di vini di tutto rispetto, grazie a partnership e sponsorizzazioni che sostengono l’iniziativa. E ovviamente anche il personale ospedaliero dovrà essere adeguatamente formato per capire come comportarsi in un contesto così inedito: a questo ci penserà un’antropologa e sociologa che fornirà agli addetti un sostegno e una conoscenza adeguati. Insomma, anche se l’idea appare davvero anomala sembra che l’ospedale si sia tutelato prendendo tutte le possibile precauzioni per assicurare successo al progetto. Probabilmente la cosa migliore, piuttosto che lanciarsi in applausi o polemiche gratuite su qualcosa che per ora esiste solo sulla carta, è attendere qualche mese per poi valutare i risultati di questa sperimentazione.