La struttura è tra le più grandi del mondo e punta a essere un laboratorio di giovani campioni. Fino a oggi sono stati visionati oltre 3 milioni e mezzo di ragazzi che provengono soprattutto dall'Africa, ma anche dall'Asia e dal Sudamerica. Oltre a quella di Doha e in Senegal, la famiglia reale al Than ha creato un'altra fucina in Belgio. L'emirato, grazie anche ai Mondiali del 2022 e alla proprietà del Psg, mira così a legare il proprio nome al calcio
Non solo l’organizzazione del Mondiale 2022, con le accuse di corruzione e lo sfruttamento della manodopera dei lavoratori stranieri. La proprietà del Paris Saint-Germain e la televisione Al Jazeera, oramai stabile nel circuito dei diritti televisivi del grande calcio europeo. Il piano del Qatar per colonizzare il calcio e appropriarsi del suo immaginario passa attraverso una strategia di lungo corso, un piano ventennale che dimostra un’ambizione fuori dal comune. Una strategia che si condensa in Aspire, accademia del calcio che nella volontà della famiglia reale al Thani sarà la più grande fucina di talenti del futuro. Un giorno, non necessariamente vicino, almeno un campione di Real Madrid, Manchester United, Bayern Monaco e così via, sarà un prodotto di Aspire, e il nome del Qatar sarà indissolubilmente legato al calcio.
Le risorse tra gas e petrolio ovviamente non mancano, ma una popolazione esigua di circa 300 mila abitanti non può garantire un futuro da superpotenza calcistica. Così nel 2007, l’allora erede al trono Tamim bin Hamad al-Thani chiama Josep Colomer, ai più sconosciuto, non fosse che è l’osservatore delle giovanili del Barça che ha portato in Catalunya il bambino Leo Messi. A lui affida la sua aspirazione. Si comincia con il cercare talentuosi giovanissimi in sette paesi africani, setacciando ogni singolo campo polveroso. I più meritevoli sono convocati nell’accademia di Doha: campi regolamentari, piscine olimpioniche, cinema, case e palazzi ne fanno la più grande del mondo. Sempre in bilico tra valorizzazione e sfruttamento, a oggi sono stati visionati oltre 3 milioni e mezzo di giovani in tre continenti, scrive il New York Times, e all’Africa si sono aggiunte reti capillari di osservatori anche in Asia e Sudamerica.
Difficile, se non impossibile, che questi ragazzi giochino mai per la nazionale qatariota, che langue nelle ultime posizioni del ranking Fifa. Perché per la legge bisogna vivere nel paese per almeno cinque anni dopo i 18, e perché nel calcio il Qatar ci aveva già provato alcuni anni fa con dei brasiliani e fu bloccato dai regolamenti, come racconta The Times. E così il prossimo passo diventa l’Europa. Dopo il Qatar e il Senegal, Aspire ha aperto due anni fa una terza accademia in Belgio, dove la famiglia reale ha rilevato l’oscuro club del K.A.S. Eupen e le sue strutture rinnovandole all’uopo. La scelta del Belgio è stata dettata dalla facilità con cui nel paese si può ottenere il doppio passaporto, l’alternativa era il Portogallo, scartato perché la maggior parte dei ragazzini africani è francofona. Dal Belgio i più talentuosi, è la lungimirante strategia, acquisito il passaporto comunitario diventeranno le stelle delle migliori squadre dei grandi campionati. E si saprà che sono i ragazzi di Aspire. A quel punto, l’egemonia culturale del Qatar sul calcio sarà portata a compimento.