L’hashtag renziano del giorno è #italianostaisereno. L’ennesimo tip-tap del premier per distrarre i compatrioti da problemi di cui non si è in grado di venire a capo. E – così – prendere tempo ancora una volta (variazione sul tema dei “mille giorni”).
Intanto – nell’assenza di un’idea pur minima di politica industriale (che non sia tratti dei fondi nel piatto di ribollita NeoLib: lasciar fare “ai parun dalle belle braghe bianche”) – la discesa nell’abisso del nostro sistema produttivo prosegue ininterrotta, mentre i timidi aumenti dei posti di lavoro sono facilmente spiegabili con la stagionalità legata al turismo balneare e – comunque – la disoccupazione giovanile supera ormai abbondantemente quota 40%.
Come ormai è stato ribadito fino alla nausea, a fronte della catastrofe economica e sociale in itinere, ci si perde nell’assurdo di una guerra di religione senza tregua contro il “bicameralismo perfetto”, diventato epicentro di ogni male della Nazione. Sicché diventa evidente l’intento di incassare una vittoria sui riottosi che vorrebbero opporsi alla trasformazione del dibattito politico in un interminabile spot di regime, celebrativo dell’uomo della provvidenza, rinverdire i recenti successi elettorali trasformandoli in un vero e proprio culto della personalità, mandare messaggi forti a quanti, in Europa e nel mondo, considerano affidabile ogni governo che impone la mordacchia all’effervescenza sociale (risale ai primi anni Settanta il rapporto della Trilateral in cui si sosteneva l’aureo principio secondo cui la democrazia sarebbe un lusso che ormai non ci si può più permettere). Magari blandire con il bel regalo dell’immunità un pezzo di ceto politico regionale, sotto minaccia delle indagini da parte di finanza e magistratura.
Grazie al nuovo corso, l’infausta presenza di Berlusconi, che ormai sembrava definitivamente marginalizzata nell’italico risiko del potere (almeno questo!), torna a riacquistare tutta la sua inquietane centralità. Con relativi effetti di inquinamento affaristico nel combinato politica/business e corruttivo dal punto di vista degli intenti personalistici di messa in sicurezza giudiziaria. Sebbene Renzi neghi, gli smargiassi alla corte dell’ex Cavaliere ci hanno fatto sapere come i due compari del Nazareno abbiano già ipotecato il dopo Napolitano, consumando le preventive e reciproche vendette sinergiche.
Stando così le cose non si vede per quale motivo l’italiano dovrebbe “stare sereno”; anche alla luce di precedenti ancora “freschi” nella memoria e non particolarmente encomiabili: l’analogo hashtag che, all’inizio dell’anno, venne indirizzato a tal Enrico; per poi incaprettarlo e farlo fuori. Appunto, “serenamente”.
Semmai all’italiano medio potrebbe venire l’uzzolo di praticare il rito del selfie: non volevamo morire democristiani e stiamo correndo il rischio di farlo da renziani. Ossia, una variazione sull’antico tema, altamente stantio, rimesso a nuovo con robuste dosi di arroganza verbale di stampo bullesco (“Fascina chi?”, “un Mineo qualunque”, “SEL tolga il disturbo”), per cui il becerume ascenderebbe al massimo dell’up-to-date, e forti iniezioni di novismo tecnologico conformista (“sorge il sole/ canta il cellular-alarm/ Matteo Renzi balza sull’I-pod-arm”); il tutto cucinato nel mito futurista – asceso a gingle nell’infausto Ventennio – della corsa a perdifiato (“amare le donne/ amare la velocità/ amare le donne in velocità”). Da questo punto di vista l’hashtag pertinente dovrebbe essere un altro: #italianostaincampana.