L‘appello lanciato dal Fatto contro i ladri di democrazia ha raccolto in venti giorni 215mila firme. Tra loro l’attore Dario Fo, il rapper Fedez e altri attori, scrittori e magistrati hanno spiegato la loro posizione sulla democrazia partecipata, la riforma del Senato e l’Italicum.
Giuseppe Civati (Deputato Pd)
Con voi per le buone riforme. Caro Direttore, ho letto con molto interesse i dieci punti della Vostra proposta per una “Democrazia partecipata”. Si tratta di punti che non solo in gran parte condivido ma di molti dei quali mi sono fatto già promotore fuori e dentro il Parlamento. Di questi temi abbiamo parlato al Politicamp di Livorno nello scorso fine settimana, iniziando i nostri lavori proprio sui temi della partecipazione, curati da Andrea Pertici: dal rafforzamento della democrazia diretta alla previsione di istituzioni davvero rappresentative, cioè scelte dai cittadini con leggi elettorali che assicurano il rapporto elettori-eletti. Su questo si impegnerà anche Possibile, l’associazione che a Livorno abbiamo lanciato come momento di incontro, sulle grandi scelte popolari, di tutta la sinistra repubblicana, larga e aperta a tutte le forze politiche e alle associazioni che si riconoscono in questo campo, che deve crescere e divenire maggioritario. In Parlamento ho portato avanti molti dei punti che Voi indicate. In particolare mi sono impegnato – presentando anche in Senato una mozione – per un sistema elettorale uninominale maggioritario (basato su quello della legge elettorale Mattarella nella versione che era prevista per il Senato, cioè senza listini bloccati e scorporo); ho quindi presentato lo scorso autunno una proposta di legge sul conflitto d’interessi, ispirata al sistema americano e in grado di separare davvero gli interessi privati da quelli pubblici; ho poi depositato – prima che lo facesse il governo – una proposta di revisione costituzionale per superare il bicameralismo paritario, con forte riduzione del numero di deputati e senatori, la fiducia alla sola Camera e un generale miglioramento dell’efficienza delle scelte da compiere; più recentemente, infine, sono stato promotore di una proposta sulla partecipazione, che ha tra i punti centrali l’abbassamento del quorum del referendum abrogativo e l’effettività dell’iniziativa legislativa popolare, con la sottoposizione all’approvazione con referendum di quelle che non saranno approvate dal Parlamento. Su queste basi, quindi, credo che possiamo procedere insieme sui punti condivisi, perché si facciano riforme che abbiano davvero il segno del cambiamento, per aumentare la consapevolezza dei nostri concittadini verso riforme buone.
Dario Fo (Attore):
Basta una firma contro il sonno dell’indifferenza. Il successo della raccolta di firme su il Fatto Quotidiano contro l’imposizione di riforme autoritarie e illegali sta dimostrando che esistono ancora molti cittadini, maschi e femmine, soprattutto ragazzi , che non accettano il sonno dell’indifferenza. Porre il proprio nome sul simbolo di questa protesta è un atto fortemente civile. Continuiamo a parteciparvi.
Fedez (Federico Leonardo Lucia, Rapper):
Fanno carne da macello della nostra democrazia. L’Italicum, così com’è insaccato, sembra solo una varietà di Porcellum allevato in cattività. Ma noi non abbiamo le fette di salame agli occhi per non vedere che una legge elettorale così concepita taglia fuori le minoranze, regala premi che neanche alla sagra del prosciutto, suscita forti dubbi di costituzionalità e, soprattutto, annulla lo strumento principale della democrazia: quello della scelta dei candidati, attraverso la preferenza. E io voglio scegliere chi mi rappresenta (anche nel nuovo Senato, che sarebbe riempito di personaggi nominati dai consigli regionali, cioè dai partiti). Togliere a un elettore il diritto di scegliere significa dissanguare la democrazia. Come fa il peggior macellaio.
Mario Almerighi (regista):
Un progetto che ricorda Gelli. Aderisco perché sono da sempre contrario al Piano della P2 di Licio Gelli e da sempre convinto difensore della Costituzione più bella del mondo. Come presidente di un’associazione dedicata a Sandro Pertini (la “Sandro Pertini Presidente”, ndr), sono certo che anche Lui sarebbe indignato per questa controriforma.
Benedetta Tobagi (giornalista e componente del Cda Rai):
Liquidano senza pietà ogni forma di dissenso. Avevo delle riserve a causa del toni in cui l’appello del Fatto quotidiano è formulato, tuttavia ho deciso di aderire perché condivido la profonda preoccupazione per i problemi che solleva. Firmo perché materie delicate come le modifiche costituzionali e la riforma della legge elettorale dovrebbero essere affrontate a partire da un confronto pubblico, aperto, approfondito, inclusivo, non sulla base di accordi riservati presi nelle segrete stanze, come il Patto del Nazareno. Le riforme su cui il governo sta forzando la mano configurano un sistema in cui sono ulteriormente contratti gli spazi di rappresentanza dei cittadini. Mi preoccupa, infine, l’aggressività dei toni con cui vengono denigrate o liquidate le posizioni di chi esprime pubblicamente il proprio dissenso.
Carlo Freccero (dirigente TV e professore universitario):
Renzi, una marionetta nelle mani dell’ex Cav. Mi oppongo perché, sotto mentite spoglie, questa riforma è l’apoteosi del berlusconismo. Dopo una stasi ventennale dovuta alla contrapposizione tra potere e opinione pubblica, si attuano le riforme politiche berlusconiane che l’indignazione aveva bloccato. Esasperando la retorica del fare, arriviamo al paradosso che fare disastri sia meglio che non fare nulla. Le riforme costituzionali, che secondo Renzi sono ‘fortemente’ volute dal popolo italiano, sono quelle già bocciate dagli italiani nel referendum popolare del 2006. Lo stesso Berlusconi ha detto che la riforma renziana non è altro che la sua personale riforma , affondata a suo tempo dalle sinistre. In questo modo Berlusconi ha voluto ribadire il suo copyright sul pacchetto di “riforme” di cui lui è l’autore e Renzi l’esecutore.
Adriano Sansa (magistrato):
La credibilità perduta per le riforme del piduista. Studenti di legge, nominavamo con orgoglio la Costituzione, con riguardo il Parlamento. Ora quest’ultimo, eletto con norma incostituzionale, si fa Assemblea Costituente abusiva; e tiene tra i padri della riforma un membro della loggia P2 – oscura e corruttrice –, condannato per frode fiscale, lungamente frequentatore di mafiosi, avvantaggiato da corruzione di giudici. Non possiamo accettarlo. Chi finge di non capire è diventato un po’ vigliacco. E chi governa sulla base di segreti accordi, e delibera, insieme con colui che dichiarava di voler combattere inflessibilmente, per questo chiedendo e ottenendo i voti, ci tradisce. Si vuole spingere verso un regime di esecutivi troppo potenti, squilibri istituzionali, debolezza del Parlamento, dominio del partito anche su Corte costituzionale e Consiglio superiore della magistratura. Rifiutiamo l’involuzione e la decadenza della cittadinanza, siamo coerenti con noi stessi
Aldo Busi (Scrittore):
Castrano la democrazia È ora di usare gli attributi. Accettare la castrazione della Costituzione da parte di questi Soci del Nazareno, il cui Patto avvolto di omertà grida vendetta a ogni coscienza civile, sarebbe come devolvere per gli uomini un testicolo a testa per rafforzare la loro viziata, viziosa e sterile impotenza devastatrice di democrazia e per le donne ritornare a essere gli eunuchi totali di un ennesimo Ventennio. Tanto varrebbe scendere nelle strade e provvedere alla Liberazione sui due piedi e con ancora entrambi i coglioni.
ANTONIO INGROIA (Presidente Azione Civile):
Grasso ridotto a impiegato al servizio del governo. Aderisco all’appello del Fatto contro i ladri di democrazia. Di ladri e assassini ne abbiamo visti tanti in questi anni. Ladri di Stato, assassini di mafia, e politici ladri e mafiosi. Oggi dobbiamo contrastare i ladri di democrazia che stravolgono la nostra Costituzione. È disgustoso lo spettacolo grottesco di un Parlamento imbavagliato e ammanettato da un presidente del Senato piegato ai voleri dell’esecutivo, mentre si realizza il piano piduista e autoritario laddove non erano riusciti né Gelli né Berlusconi, e mentre vengono ignorati i problemi degli italiani onesti che soffrono una crisi insostenibile. Contro tutto questo c’è bisogno di una grande spinta popolare che si sta coagulando dietro questo appello, al quale aderisco con convinzione, e che deve essere l’inizio di una valanga che deve travolgere la nuova casta fintamente innovatrice oggi al potere. È indegno ridurre il Senato a un dopolavoro per amministratori locali, è mortificante per la democrazia aumentare le firme per presentare un disegno di legge di iniziativa popolare e per la richiesta di referendum abrogativi. Intanto, mentre mafie e casta della corruzione divorano il Paese, il ministro Boschi parla per slogan e Renzi impone ultimatum. Aveva promesso di dimettersi. Non lo ha fatto. Rientra nel suo stile di parolaio. Dice di fare, non fa e quel che fa lo fa male.
Tana De Zulueta (Giornalista):
L’imperdonabile silenzio stampa su un progetto inutile e pasticciato. Ogni giorno che passa rafforza gli argomenti degli firmatari dell’appello del Fatto Quotidiano, ma ce n’è uno a cui tengo in modo particolare, ed è l’informazione. È la grande assente del circo politico di cui narrano ogni sera i telegiornali italiani. E anche la stragrande maggioranza dei giornali del giorno dopo. Mi rendo conto che parlare di democrazia in un Paese allo stremo può sembrare un lusso, ma prendere a randellate i regolamenti parlamentari pur di fare passare una riforma costituzionale ed elettorale frettolosa e pasticciata, dalle conseguenze ignote ai più, dovrebbe indurre a qualche riflessione. Invece no. I parlamentari che si oppongono sono diventati gli “anti-riforma”, e tutti applaudono il piglio decisionista del nuovo leader. È la negazione della buona informazione, ed è un nostro male antico. La crisi ha soltanto peggiorato le cose. Il sistema dei media in Italia è evidentemente in difficoltà, e fa molta fatica a esercitare il suo ruolo fondamentale in democrazia: quello di controllare il potere. In buona parte non ci ha mai pensato – vedi alla voce conflitto d’interesse. Ma anche un grande quotidiano come la Repubblica, nato intorno a vere e proprie battaglie a sostegno della separazione dei poteri, nasconda le firme dei suoi migliori editorialisti, come Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky e Franco Cordero, e corra in soccorso al vincitore. Per non parlare della Rai, il vero tempio delle riforme mai fatte – e quella sì che sarebbe servita. Un servizio pubblico come lo intendeva Enzo Biagi avrebbe lavorato per aprire gli occhi ai cittadini e sostenuto il dibattito che non c’è mai stato. Tranne che sulle pagine del Fatto Quotidiano, insieme al Manifesto e pochi altri. Ma guardo le firme che avete raccolto, e vedo che siamo in buona compagnia.
Carlo Federico Grosso (Avvocato e giurista)
Con imposto lo strapotere della maggioranza. La riforma costituzionale votata dal Senato e il relativo dibattito parlamentare mi hanno profondamente deluso. Sul terreno dei contenuti, si è sprecata un’occasione per rimodernare l’impianto istituzionale del Paese favorendo, insieme allo snellimento delle procedure, la partecipazione democratica dei cittadini alla vita pubblica; non si è affrontato organicamente l’assetto dei poteri dello Stato, dosando i pesi e i contrappesi necessari ad arginare il possibile strapotere della maggioranza. Sul terreno delle modalità del dibattito, l’immagine è stata devastante: nessun confronto pacato su possibili soluzioni alternative, ma odioso muro contro muro; toni e linguaggi assolutamente inadatti a un’attività legislativa così importante.
Tomaso Montanari (Storico dell’Arte)
All’inizio il Duce volle un esecutivo forte. Ricordate come è iniziato tutto? Ricordate la commissione dei Saggi voluta da Napolitano l’anno scorso? Beh, esiste un bel precedente storico. Risale al 1925: “Grande risalto fu dato nei primi anni del regime alla preparazione della cosiddetta riforma costituzionale, lo studio della quale fu solennemente affidato ad una commissione tecnica di diciotto insigni specialisti, che popolarmente furono chiamati i “soloni” (e, dai più maligni, i “fessoloni”)”. Sono parole scritte nel 1944 (e pubblicate solo ora da Laterza in “Il fascismo come regime della menzogna”) da un Piero Calamandrei che si interroga su come il regime prese le mosse “dalla ribellione morale, viva anche tra criminalità, finanza,che sono la zavorra che sta portando a fondo l’Italia. Nulla si sta facendo su questi temi. Tutti invece sono impegnati con una certa spocchia a stravolgere il Senato. Ben venga la fine del bicameralismo perfetto per l’approvazione di leggi ordinarie, ma non bisogna mai sottrarre al cittadigli uomini di pensiero, contro le degenerazioni del parlamentarismo, che portava anche i liberali ad auspicare un rafforzamento del potere esecutivo”. Sappiamo come è finita. E i segnali preoccupanti oggi non mancano: l’unanimismo della stampa, la retorica dell’uomo della provvidenza, il dogma della mancanza di alternative, l’uso sistematico della menzogna da parte di Renzi, il suo odio verso il sapere critico. Ecco perché aderisco all’appello del Fatto. Perché, come scrive ancora Calamandrei: “Bisogna fare di tutto perché quella intossicazione vischiosa non ci riafferri: bisogna tenerla d’occhio, imparare a riconoscerla in tutti i suoi travestimenti”.
Angelo Bonelli (Portavoce dei Verdi Italiani)
Altro che riforma, questa Costituzione andrebbe applicata. Mai nella storia della Repubblica era accaduto che un governo presentasse un disegno di legge per la riforma della Costituzione, decidendone contenuti, modalità e tempi di approvazione in Parlamento. C’è un problema di metodo e di contenuti di questa radicale e profonda modifica della Costituzione della Repubblica italiana che mi allarma profondamente. Ma voglio parlare delle cose che non ci sono e dei guasti che derivano invece dalla mancata applicazione della Costituzione. Dipende dal mancato rispetto della Costituzione il fatto che in Italia si stimino 160 miliardi all’anno di evasione fiscale, 60 miliardi di danni derivanti dalla corruzione, un centinaio di miliardi di fatturato della criminalità organizzata. Deriva anche dalla Costituzione se abbiamo realtà in Italia dove milioni di cittadini non hanno garantito un ambiente sano e una qualità della vita sana a partire da Taranto, Gela, Priolo, Vado e tante altre città italiane. L’inserimento della tutela ambientale in Costituzione sarebbe un fatto importante e innovativo per migliorare anche la qualità della vita degli italiani. Perchè non si e inserito in Costituzione il conflitto d’interessi? C’è inoltre una questione cruciale che riguarda l’aspetto e la divisione di due poteri fondamentali: quello dell’informazione e quello finanziario. Avrei introdotto il principio d’uguaglianza delle fedi religiose. Molte altre cose si sarebbero potute fare se vi fosse stato un confronto vero nel paese.
Moni Ovadia (Attore)
Riforma non serve, le risorse ci sono: evasione fiscale, sprechi, corruzione e mafia. Sottoscrivo l’appello del Fatto in difesa della Costituzione perché questa riforma peggiora l’esistente e propina il cambiamento come valore assoluto, mentre è lapalissiano che il cambiamento può essere anche in peggio, e di cambiamenti in peggio in Italia ne abbiamo visti l’ira di Dio. In seconda battuta, questa classe politica, pur senza voler essere cattivi, è comunque una classe politica senza alcuna particolare caratura e che senza un lavoro di studio e di preparazione con i migliori costituzionalisti italiani, come si sarebbe dovuto fare, si accinge a varare una riforma pesante per il Paese e specchio dell’inconsistenza di chi ci governa. Infine, last but not least, il Paese non sente alcun bisogno di questa riforma. I cittadini chiedono prosperità, lavoro, futuro. Si preoccupino di prendere le risorse dove ci sono: evasione fiscale, sprechi, corruzione e, soprattutto, la ricchezza sottratta alle mafie. Qui ci sono i soldi per cambiare il Paese, queste sono le priorità. La riforma Costituzionale può aspettare, e andava fatta con Zagrebelsky e Rodotà, non con Berlusconi.
Elisabetta Rubini (avvocato)
Un disegno pasticciato che propone un Senato senza costrutto. Aderisco all’appello lanciato dal Fatto Quotidiano. Non condivido né il metodo né il merito delle riforme del Senato e della legge elettorale. Un Parlamento nominato con una legge incostituzionale si propone di trasformare aspetti fondamentali della struttura istituzionale del nostro paese! Sullo sfondo, un patto tra il capo del governo e Berlusconi, del quale non è mai stato reso noto ai cittadini il contenuto! Le motivate osservazioni formulate da eminenti costituzionalisti accantonate alla stregua di fastidiose interferenze! L’inesperienza e l’ignoranza elevate a modelli di virtù! E nel merito, un disegno di Senato pasticciato e incomprensibile: com’è possibile che un Senato non eletto legiferi in materia costituzionale? E una legge elettorale che tradisce le aspettative dei cittadini di avere finalmente voce nella scelta degli eletti. Il tutto caratterizzato da una superficialità pari soltanto all’arroganza con cui viene difesa. Renzi ha vinto le elezioni all’insegna della speranza: bene, la nostra è che ora apra gli occhi e le orecchie e si renda disponibile a modificare il percorso intrapreso, per dare al Paese riforme degne di questo nome.
Gaetano Pecorella (Avvocato e docente universitario)
Il bicameralismo, una garanzia contro gli errori dei parlamentari. La doppia lettura di una legge ha sempre evitato errori insanabili, mentre se ci fosse una sola Camera a questi errori non si potrebbe rimediare più. Non sono assolutamente d’accordo con un nuovo Senato non elettivo, perché, peraltro, la scelta degli amministratori locali non ha niente a che vedere con le funzioni del Parlamento e la scelta ricadrebbe più sui buoni amministratori che sui buoni legislatori. Sarebbe stato sufficiente ridurre il numero di parlamentari in entrambe le Camere e dare maggiore spazio alle Commissioni per migliorare l’efficienza del sistema. Il mio giudizio sulla riforma è estremamente negativo, anche perché non si può paragonare il nuovo Senato con quello tedesco, perché la Germania è una Repubblica Federale. Infine, non si può sistemare una zampa e lasciare tutto il resto immutato e non capisco che senso avrebbe, in questa nuova conformazione, l’immunità. Le riforme urgenti da fare ci sono, ma sono altre.
Achille Occhetto (Fondatore del Pds)
Se si mantengono due assemblee devono essere elettive. Io sono critico nei confronti di questa riforma perché l’esigenza giusta di garantire accanto alla rappresentanza anche una capacità di governabilità deve essere espressa in modo tale che tra le due istanze ci sia un giusto equilibrio. Voglio precisare che non sono d’accordo con coloro che ritengono che per difendere la Costituzione occorra tornare al proporzionale puro e a un sistema per cui, dopo le elezioni, non ci sia una maggioranza stabile per governare. Tuttavia occorre che la governabilità, cioè la possibilità di governo, sia sottoposta a un forte controllo del Parlamento libero ed eletto dai cittadini. Sotto questo profilo, la mancanza del voto di preferenza e l’aumento esorbitante del premio di maggioranza violano l’equilibrio corretto. Per ciò che riguarda il superamento del bicameralismo perfetto, io da tempo, come d’altra parte il Pci, mi trovo d’accordo, tant’è che da primi proponemmo di muoverci verso un’unica assemblea nazionale. Ma se si mantengono due assemblee, dev’essere chiara la distinzione dei compiti ed entrambe non possono che essere elettive.