Dopo l'esposto dell'ex presidente Giacomo Marazzi è partita un'indagine sulle operazioni finanziarie degli ultimi anni. Dai derivati sottoscritti prima della crisi finanziaria alle movimentazioni su conti svizzeri. E anche il ministero ha chiesto chiarimenti sulla gestione patrimoniale
Dopo mesi di polemiche e scontri di potere, che hanno portato all’azzeramento dell’intero consiglio di amministrazione e del presidente, Francesco Scaravaggi, il ministero del Tesoro ha deciso di vederci chiaro negli investimenti della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Con una lettera, inviata al Collegio dei sindaci, l’organo deputato al controllo dell’ente di via Sant’Eufemia ha fatto sapere di voler affiancare l’indagine in corso da parte della Procura per vederci chiaro sui milioni di euro evaporati o movimentati in modo sospetto in questi anni, dal 2000 ad oggi. E anche per questo, nei giorni scorsi, la Guardia di finanza, su delega dei magistrati Antonio Colonna e Roberto Fontana, ha avviato un’inchiesta dopo un esposto dell’ex presidente Giacomo Marazzi.
Ma andiamo per punti. Il primo riguarda i derivati. Investimenti sui quali il ministero del Tesoro, già nel dicembre 2008, chiese alla Fondazione quali avesse acquistato, in quale quantità e con quali perdite. Si tratta di Forward su azioni Unicredit e Intesa San Paolo, acquistati grazie alla mediazione di Prometeia, prima che avvenisse il crac finanziario Lehman Brothers. In seguito, nella lettera, viene chiesto all’ente di giustificare la ristrutturazione finanziaria Cms (Custom Market Securities Plc) per 60 milioni di euro (2014) che è stata convertita da Credit Suisse con scadenza al 2044. In questo modo la Fondazione era riuscita a ridurre i rischi di investimento, ma “irrigidendo la struttura patrimoniale”, si legge nella nota. In particolare dovrà essere spiegato il contratto a termine con Unicredit e perché sono stati rinnovati i contratti “prevedendo un prezzo forward non congruo con le quotazioni di mercato”. E ancora, si chiede qual è lo stato del contenzioso sullo Swap Fresh Monte dei Paschi di Siena.
La diatriba, a suon di carte bollate, vedrà un passaggio legale a ottobre, con una causa al tribunale di Bologna intentata dalla Fondazione contro l’advisor Prometeia e la banca d’affari Jp Morgan. In questo investimento, Prometeia consigliò il Bond Fresh (15 milioni di euro), che fece ritrovare il famoso “mostro in pancia” all’ente che fece tanto discutere nei mesi scorsi. C’è poi da chiarire anche una movimentazione piuttosto ingente ma, nel contempo, ritenuta sospetta. Parliamo dei 200 milioni trasferiti in una banca svizzera (la Julius Baer di Lugano), rientrati senza giustificazioni. Circostanza che portò al licenziamento del direttore generale: “L’ente dovrà indicare la finalità del trasferimento presso la Banca Svizzera, il motivo del rientro in Italia e la piena rispondenza dell’operazione alle norme di legge”. Nella lettera, invece, non si chiede conto dell’investimento di 72 milioni di titoli (e relative perdite, circa 50 milioni) in azioni di Banca Monte Parma. Tramite la lettera, poi, il ministero ha chiesto di sapere se vi sia stata “rispondenza della gestione patrimoniale alle linee strategiche determinate dal proprio organo di indirizzo, tenuto anche conto dell’eccessiva indisponibilità del patrimonio”. Al Tesoro risulta infatti un attivo immobilizzato pari a 359,9 milioni di euro (l’89,64 per cento del totale attivo) e anche in questo caso dovrà essere verificata la corrispondenza. Inoltre, negli indirizzi chiesti alla Fondazione, è presente la compilazione di un documento che “dovrà evidenziare la rispondenza della gestione del patrimonio della Fondazione ai principi normativi di coerenza con la natura di ente senza fine di lucro e di criteri prudenziali di rischio, attesa anche l’elevata percentuale di indisponibilità del patrimonio”. Insomma, tutti gli investimenti degli ultimi anni verranno passati al setaccio e il lavoro, per il Collegio dei sindaci, sarà significativo.
In più sempre il Tesoro si sta interrogando sulle dichiarazioni rese dal presidente dimissionario Scaravaggi, dopo che la sua proposta di azzeramento del cda venne bocciata e lui disse che, in questo anno e mezzo di mandato, era stato varie volte “scavalcato nelle decisioni dal suo vice (il banchiere Beniamino Anselmi, ndr) e “esautorato dal cda stesso”, aggiungendo che erano necessarie doppie firme per i movimenti finanziari e la ristrutturazione di Cms. Sull’investimento al 2044 con Btp, si era detto tranquillo per l’allungamento dei tempi che “però avrei voluto capirne di più”. In questo caso l’ammonimento del ministero riguarda “un’analisi sulle modalità di gestione dei processi decisionali della Fondazione evidenziando se gli stessi siano idonei a garantire i bilanciamenti tra le funzioni operative e quelle di controllo, con obblighi di informazione e di verifica atti ad assicurare la piena trasparenza dell’attività della Fondazione”.