Ora si spiega tutto. Si spiega perché Google ha investito, un anno fa, 250 milioni di dollari in Uber, la società californiana che ha inventato l’applicazione di trasporto privato più famosa al mondo. E si spiega anche il senso della Google Car, l’automobilina a guida autonoma presentata un paio di mesi fa dal colosso americano. Ma andiamo con ordine: Uber ha annunciato oggi di avere lanciato la versione beta, cioè di collaudo, di una nuova applicazione per smartphone chiamata UberPool. L’idea è quella di condividere i costi della corsa del “noleggio con conducente” – quelli con cui lavora già Uber, anche in Italia – con qualcuno che deve effettuare un percorso simile. Secondo Uber, il servizio permetterà di ridurre il costo per l’utente fino al 40%. “Così, Uber diventa economicamente competitivo con il possesso di un’auto, e questo cambia i giochi per i consumatori”, dice la società americana.
A differenza dell’applicazione UberPop, che prevedeva la condivisione di un’auto privata ed è stata dichiarata illegale in alcuni Paesi perché sconfina nell'”esercizio abusivo della professione”, UberPool non sembra porre problemi legislativi, con buona pace dei tassisti. Dopo quattro anni passati a mettere in contatto i noleggi con conducente e i clienti, dunque, con UberPool Uber scansa le rogne legali di UberPop ma mantiene il concetto che ne stava alla base, ossia la condivisione, un aspetto che interessa molto al finanziatore Google.
“I nostri amici di Google ci raggiungeranno nello sviluppo della versione beta di UberPool”, si legge sul blog di Uber. “Loro condividono la nostra visione di un mondo più efficiente con meno traffico e inquinamento nelle nostre città e sono entusiasti di essere fra i primi ad adottare UberPool”. Al di là delle aspirazioni ambientaliste, l’idea di mobilità urbana di Google ora si palesa in tutta la sua semplicità: prima ci abitueremo a questo nuovo mezzo di trasporto, una via di mezzo fra un taxi e un autobus, e a prenotare la corsa via smartphone. E poi un giorno inizieranno a venirci a prendere piccole automobili elettriche con il radar sul tetto invece delle classiche berline scure del noleggio con conducente. E forse quel giorno non faremo neanche caso al fatto che il conducente, in realtà, non c’è più: a guidare l’auto per le strade della città sarà il cervellone di “big G”.