A un anno di distanza dall’acquisizione per 250 milioni di dollari del Washington Post, la mano di Jeff Bezos inizia a farsi sentire. L’uomo che con Amazon ha messo a soqquadro il mondo dei libri, per allargarsi poi ad altri settori merceologici, aveva generato grandi aspettative. Cosa si sarebbe inventato per risollevare le sorti del quotidiano che aveva fatto dimettere Richard Nixon? A fare un bilancio ci ha pensato Digiday che ha messo in fila una serie di cambiamenti avvenuti nel quotidiano negli ultimi 365 giorni.
Inizialmente Bezos, alla ricerca di visibilità, aveva deciso di abbassare il paywall (l’abbonamento per leggere gli articoli online). In pratica è stato reso libero l’accesso ai contenuti del sito per gli abbonati a oltre un centinaio di quotidiani locali tra cui il Dallas Morning News e il Minneapolis Star Tribune. E’ stata poi ventilata la possibilità, non ancora attuata, che servizi di abbonamento digitali come Amazon Prime e Spotify avrebbero potuto offrire anche contenuti del Post. Un team di vendita è stato attivato a Londra, primo passo per un’espansione internazionale che dovrebbe essere supportata però da una strategia editoriale non concentrata solo sulla politica americana. In termini di audience, i risultati si sono visti.
Se la tiratura è passata da 431.521 a 399.757 copie cartacee, su Internet il pubblico è cresciuto del 43% con 32,3 milioni di utenti unici mensili nel mese di giugno. Grazie a una serie di acquisizioni portate a termine negli ultimi anni il Post ha eliminato circa duecento posti di lavoro non completamente compensati dall’assunzione di una cinquantina di persone con diverse funzioni nella newsroom. Qualche talento giornalistico se ne è andato, ma sono stati lanciati nuovi blog e iniziative editoriali che hanno arricchito di contenuti il sito.
Bezos ha voluto anche integrare l’area tecnologica con quella redazionale. 25 ingegneri lavorano infatti a stretto contatto con i giornalisti collaborando nello sviluppo di snowfall (dal nome di un progetto del Nytimes che ha aperto un genere), pezzi di giornalismo multimediale che incrociano testi, video e presentazioni grafiche. Il Post ha lavorato anche per arricchire la community. In collaborazione con il New York Times e Mozilla ha avviato un progetto per creare una soluzione online per i commenti in “fase avanzata di progettazione”, come ha spiegato Shailesh Prakash, vicepresidente dello sviluppo del prodotto digitale.
Sempre guardando al futuro, Bezos ha aperto un laboratorio di sviluppo software a New York per migliorare il sito e sviluppare nuovi prodotti pubblicitari. Il native advertising è stato posto al centro della strategia dei ricavi pubblicitari. Come succede anche in altri quotidiani Usa, gli inserzionisti possono pubblicare articoli con le medesime caratteristiche grafiche dei pezzi “veri per farli sembrare più simili ai classici contenuti editoriali. Il Post ha iniziato a pubblicare questo tipo di annunci anche sui cellulari. Oltre a questo sono stati creati nuovi formati pubblicitari come Infinity, una unità a tutta pagina che può funzionare attraverso desktop, mobile e tablet senza che l’inserzionista sia costretto a intervenire sulla creatività per adattarla ai vari dispositivi.
I lavori per migliorare l’esperienza utente vanno invece per le lunghe. La riprogettazione del sito ha come primo obiettivo il miglioramento dell’esperienza relativa alla lettura dell’articolo. Alcune pagine sono pulite e presentano gallerie fotografiche con buone caratteristiche di risoluzione e di condivisione. Ma altre sono viziate dagli avvisi pubblicitari di Google che ne rallentano il caricamento che è di 4-5 secondi. Bisogna scendere a 2-3 secondi. Infine, la gestione dei contenuti. Spiegando la sua decisione di lasciare il Post a favore di Vox Media, Ezra Klein ha criticato la carta che subisce un ritardo tecnologico ed è ancora legata a un vecchio modello di giornalismo. Il quotidiano di Washington ha quindi iniziato quindi un percorso che attraverso l’utilizzo di blog permette una narrazione articolata in diversi formati. Un nuovo Cms (il software per la gestione dei contenuti) aiuterà lo staff nella costruzione delle storie. E il Santo Graal che dovrebbe permettere ai lettori la personalizzazione dei contenuti in base al loro punto di entrata e di interessi deve ancora arrivare. Per il Post e per tutti gli altri editori. Ma a Washington qualcosa si muove.