I Centri per il controllo delle malattie (Cdc) hanno alzato il livello di allerta in considerazione delle dimensioni dell’epidemia, che si è allargata alla Nigeria. Obama rassicura: "Dobbiamo lasciarsi guidare dalla scienza". I soldati dell’esercito di Monrovia hanno fermato numerose persone che cercavano di raggiungere la capitale dalle campagne. "Stabili" le condizioni del missionario ricoverato a Madrid. L'Oms deciderà venerdì se l’evento rappresenta una emergenza di sanità pubblica
Ebola continua a uccidere in Africa e a spaventare il resto del mondo. Gli Usa hanno innalzato il livello di allerta, la Liberia ha dichiarato lo stato d’emergenza ma a Ginevra L’oms deciderà solo venerdì se l’epidemia è una emergenza sanitaria di portata internazionale. Arrivato a Madrid il primo contagiato europeo.
In Usa innalzato il livello di allerta, Obama: Dobbiamo farci guidare dalla scienza”. I Centri per il controllo delle malattie (Cdc) Usa hanno alzato il livello di allerta per rispondere all’epidemia come annunciato dal direttore Tom Frieden, in un tweet sul suo profilo. La decisione è stata presa viste le dimensioni dell’epidemia, che si è allargata alla Nigeria. Il livello 1 di risposta, il più alto, comporta che un maggior numero di operatori e di risorse saranno dedicate a contrastare la malattia. È la prima volta che i Cdc dichiarano il livello 1 dalla pandemia di influenza suina nel 2009. Per il presidente Barack Obama però rassicura il virus è controllabile con misure di sanità pubblica standard: “Dobbiamo lasciare che la scienza ci guidi”. Obama ha definito prematuro ricorrere all’uso di un farmaco sperimentale mai testato sulle persone: “Gli Stati Uniti stanno lavorando con gli alleati per inviare operatori sanitari supplementari. Questa epidemia si è diffusa più rapidamente rispetto a quelle precedenti, in parte per la debolezza dei sistemi sanitari pubblici dei Paesi colpiti, ma si può lavorare meglio rafforzando gli sforzi per identificare e isolare i pazienti”.
In Liberia l’esercito fermano le persone che dalle campagne cercano di raggiungere la capitale. Il presidente dell Liberia Ellen Johnson Sirleaf ha proclamato lo stato d’emergenza: “L’epidemia necessita di misure straordinarie per la sopravvivenza dello Stato”. L’epidemia, la più grave dalla scoperta del virus nel 1976, ha già fatto in Africa 932 morti su 1.711 casi tra confermati, sospetti o probabili. Di questi 282 si sono registrati in Liberia. Secondo la presidente la minaccia del virus continua ad ampliarsi anche a causa “dell’ignoranza, della povertà, delle pratiche religiose e culturali radicate che continuano a rafforzare la diffusione della malattia, in particolare in provincia”. L’ampiezza e l’impatto dell’epidemia, denuncia la presidente “vanno oltre le capacità e le prerogative di qualunque agenzia governativa”. Il virus rappresenta “un danno chiaro e immediato per la Repubblica”. I soldati dell’esercito della Liberia hanno fermato numerose persone che cercavano di raggiungere la capitale Monrovia dalle campagne, duramente colpite dalla diffusione del virus Ebola e in cui molte famiglie nascondono i malati o abbandonano corpi in strada. Azioni simili sono state intraprese anche nelle aree orientali della Sierra Leone, in cui è stata avviata l’operazione ‘Octopus’, il cui obiettivo è tenere in isolamento le persone infettate. Sebbene l’epidemia abbia coinvolto quattro Paesi, in Sierra Leone e Liberia è stato registrato oltre il 60% dei 932 decessi provocati dalla malattia. Il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, sta valutando la possibilità di richiamare i propri soldati e poliziotti che lavorano in Liberia come peacekeeper delle Nazioni unite.
Stabili le condizioni del missionario, ricoverata a Madrid anche una suora. Intanto sono “stabili” le condizioni del missionario spagnolo Miguel Pajares che ha contratto il virus Ebola in Liberia e che da giovedì è ricoverato nell’ospedale madrileno Carlo III. Nello stesso ospedale è stata ricoverata per accertamenti anche la suora missionaria Juliana Bohi che “è in buono stato di salute”. Entrambi i religiosi sono sottoposti, in stato di isolamento, “a tutte le misure necessarie per le cure e per evitare qualsiasi rischio di contaminazione”.
L’Oms decide venerdì se l’epidemia è una emergenza di sanità pubblica. È in corso a Ginevra nella sede dell’Organizzazione mondiale della sanità la riunione del comitato d’emergenza. Gli esperti dovranno decidere se l’evento rappresenta una emergenza di sanità pubblica di portata internazionale e, se lo è, raccomandare appropriate misure temporanee per ridurre la diffusione del virus. La decisione verrà comunicata ufficialmente domani. La responsabilità di determinare se l’evento in questione deve essere definito emergenza internazionale è del direttore generale dell’Oms, Margaret Chan, e richiede la convocazione di una commissione di esperti,il comitato di emergenza, che fornisce consulenza sulle misure temporanee da raccomandare agli Stati coinvolti per prevenire o ridurre la diffusione internazionale della malattia. Fra gli esperti del comitato di emergenza ne viene nominato almeno uno per ogni Paese nel cui territorio si è sviluppata l’emergenza.
Fino a questo momento sono circa cento gli operatori sanitari che hanno contratto il virus Ebola nei paesi africani colpiti dal’epidemia, di cui metà è morta. “Le ultime cifre che ci risultano – afferma Fadéla Chaib – sono di 100 operatori infettati nei 4 paesi colpiti, di cui 50 morti. Tutti fanno parte degli staff nazionali, eccetto i due operatori di Samaritan Purse”. Proprio gli operatori sanitari, affermano diversi appelli in questi giorni da parte di alcuni scienziati tra cui lo scopritore del virus Peter Piot, dovrebbero essere protetti con vaccini e terapie sperimentali, perché sono la categoria più a rischio. Ma il siero sperimentale usato sui due medici missionari americani è in riserve estremamente limitate e non sarebbe disponibile per l’uso secondo i media Usa.