E invece Erlend Oye, un curioso norvegese che fa impazzire le platee del mondo, si innamora perdutamente di una tale estesa inedia. Evidentemente non lo è, mi sfugge qualcosa. Erlend gira uno dei suoi video clip più recenti seduto su una seggiola sotto il lampione di piazza Duomo. Ma dannazione, ogni pomeriggio passeggio su e giù nei pressi del codesto lampione, mai che abbia notato un Erlend qualsiasi. Tolti i nazionalisti (da rione) con i loro esacerbati entusiasmi, che avranno le loro ragioni, dica la prego, signor Erlend, come mai a una grande metropoli, al progresso, alle metro velocissime o ai paesaggi berlinesi, algidi e severi, o al limite da fiordi per l’appunto, che lei ben conosce, ha preferito noi?
E io, badi bene, sono proprio nel bel mezzo di quel “noi”? Vorrà dire qualcosa una scelta così avventurosa? Mi avevano assicurato che uno dei due tra Dolce e Gabbana, e vai tutte le volte ad indovinarne il nome nella casella esatta, aveva comprato casa in Ortigia, o tipo Sgarbi, vabbé ma Sgarbi lo si vede sempre. Ma Erlend Oye. Volevo intervistarlo, allora, tanto è un dirimpettaio, citofono e mi apre, non devo nemmeno supplicare in ginocchio l’ufficio stampa. Il mio inglese fa abbastanza schifo. Ho lasciato perdere. Cerco su google notizie intorno a Erlend, è davvero un bel tipo. Il problema è come guardare le cose, con quali occhi. Non ho gli occhi di Erlend, mi pare siano blu i suoi. I miei sono verdi, a volte, gialli, a volte marroncini.