Pippo mi dice: “Ma perché ci fanno questo?!” Lo guardo smarrito per un attimo e gli rispondo perché tifano per la paura. Lampedusa ancora una volta e suo malgrado, si ritrova ad essere l’isola che non c’è, quella dell’emergenza costruita in questi anni da media e imprenditori dell’emergenza. Erano mesi che in rete giravano messaggi allarmistici quanto infondati che sull’isola si fossero registrati casi di ebola e di vaiolo. Allarmi scriteriati che però hanno fatto male a quest’isola anche dal punto di vista economico. Ieri la polizia postale è arrivata all’autore dell’ultimo falso allarme lanciato su Facebook. E’ un torinese di 44 anni, con precedenti di xenofobia e proveniente da ambienti di estrema destra. La cosa che deve però fare davvero riflettere è che un messaggio privo di fondamento e non confermato da nessun sito d’informazione online è stato condiviso in rete da oltre 27 mila profili Fb. Sul messaggio c’era scritto: “Ebola a Lampedusa, 3 casi, condividi”.

A quest’uomo oltre che per procurato allarme dovrebbe essere chiesto il risarcimento per i danni economici provocati ad un’isola che vive di turismo e che si trova su una linea di frontiera. Un’isola dove in questo momento, lo scrivo ancora una volta, non c’è nessuna emergenza. Il mare è splendido come sempre, le strutture di accoglienza sono pronte e il tempo invita ad affrontare un viaggio più lungo ma almeno garantisce il sole e il cielo limpido.

La vera emergenza invece, è un’altra ed è sulle rotte del Mediterraneo. E’ quella dei profughi e richiedenti asilo che continuano a morire. Le ultime notizie di queste ore ci parlano di altre vittime, di una donna ed un bambino rimasti uccisi e di molti altri dispersi nel mare vicino alle coste libiche; ci dicono di  un centinaio di persone di cui 48 bambini  morti di sete nel deserto. Il fatto che l’emergenza sia dichiarata solo quando i profughi arrivano in Italia, ma non quando affogano in mare è un dato inquietante. Chiamatelo barbarie, cinismo, strumentalizzazione politica o come volete, ma è  un fatto che deve interrogare la coscienza dell’Europa e degli europei.

Le vittime di queste ultime tragedie in mare erano forse palestinesi in fuga, forse erano siriani o iracheni che fuggivano dalle guerra civile. Forse erano eritrei o somali, maliani o sudanesi che rifiutavano un futuro di miseria e oppressione. Di sicuro sappiamo che erano uomini molto giovani, donne e bambini.

Di fronte a queste tragedia c’è chi, per interesse politico, vanità mediatica o semplice delirio di protagonismo, lancia allarmi insensati. Oggi l’ebola e il vaiolo; e domani? Le meduse killer? La sabbia radioattiva? No, Lampedusa merita di più e di meglio. Suo malgrado è diventata il simbolo della destabilizzazione del Sud del Mediterraneo, ma anche delle difficoltà della sponda Nord a costruire adeguate politiche di accoglienza. Lampedusa merita di più e di meglio perché spesso è stata lasciata sola a fronteggiare situazioni estreme. Ed allora, aiutiamo quest’isola per quello che ci offre di meglio. E invece che giocare con la paura immaginiamo vere misure per gestire flussi migratori importanti ma non drammatici. Ci guadagnerebbe un’isola, ma anche la qualità della vita civile dell’Italia e dell’Europa.

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