La casta invisibile è quella che, all’ombra della politica, presidia le società controllate dalla politica, gestendo (spesso a beneficio della politica) potere e affari. In cambio ha compensi di tutto rilievo. Dal 1 aprile 2014 è stato però posto un tetto agli stipendi dei supermanager pubblici. Certamente a quelli delle società controllate direttamente o indirettamente dal Tesoro: non un pesce d’aprile, ma una soglia di 300mila euro l’anno oltre la quale non si deve andare. Quel tetto dovrebbe valere anche per le società pubbliche controllate da Regioni e Comuni. Così ora la Corte dei conti della Lombardia ha preparato un dossier che segnala gli uomini d’oro che invece quel tetto lo hanno sfondato. Ecco chi sono.
Il primo è nientemeno che Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, la società che fu creata dall’allora presidente Roberto Formigoni per gestire tutti i grandi appalti lombardi, compresi quelli di Expo. Rognoni porta a casa la cifra record di ben 953.526,95 euro, tre volte il compenso massimo indicato dalla legge, raggiunto sommando il suo ruolo di direttore generale (284mila euro), quello di direttore lavori (303mila) e gli incarichi in Cal, la società Concessioni autostradali lombarde (altri 367mila euro). Un uomo che ne vale tre. Il 20 marzo, Rognoni è stato arrestato, nel corso delle indagini su Infrastrutture Lombarde ed Expo. E a giugno è stato rinviato a giudizio immediato per associazione a delinquere e turbativa d’asta.
Il secondo della lista è Giuseppe Sala, il plenipotenziario dell’Expo, che supera il tetto con 430.615,20 euro, sommando gli emolumenti di amministratore delegato (270 parte fissa, più 126 parte variabile) e di consigliere d’amministrazione (27mila) di Expo 2015 spa. I dati della Corte dei conti si riferiscono al 2013 e segnalano anche altri due supermanager oltre la soglia: Giorgio Papa, direttore generale di Finlombarda, la cassaforte finanziaria della Regione, che porta a casa 319.945,36 euro; e Luigi Legnani, amministratore delegato di Trenord e vicedirettore generale di Fnm, con 319.305 euro. All’elenco della magistratura contabile manca almeno un altro supermanager lombardo: Stefano Cetti, ai vertici di Mm spa, rimasta fuori dall’analisi della Corte dei conti perché è controllata non dalla Regione, ma dal Comune di Milano. È la società omologa di Infrastrutture Lombarde, è l’appaltificio del Comune, anch’esso coinvolto nei lavori per Expo.
Stefano Cetti raggiunge la cifra di 340,6mila euro l’anno, sommando gli emolumenti di direttore generale di Mm (210 parte fissa, più 105,6 parte variabile) e di amministratore unico di Metro Engineering srl (25mila euro), società impegnata tra l’altro nella Brebemi, la nuova autostrada Milano-Brescia.
Cetti è rimasto eroicamente al suo posto anche quando le intercettazioni dell’indagine sulla “cupola degli appalti” hanno svelato i suoi intensi rapporti con il capo della “cupola”, Gianstefano Frigerio, arrestato l’8 maggio 2014: lo incontrava e lo riveriva, garantendogli un contatto dentro Mm. Telefonate, appuntamenti, cene: niente di penalmente rilevante, hanno stabilito i magistrati, ma certo professionalmente imbarazzante. Frigerio, intercettato, diceva: “Cetti è importante, eh, perché tutte le robe della metropolitana… lì verranno fuori anche un sacco di lavori…Cetti mi ha detto ‘ci sono anche delle strade di collegamento prima dell’Expo’”. Poi, riferendosi a Cetti e ad Angelo Paris (il manager di Expo arrestato insieme a Frigerio e a Primo Greganti), aggiungeva: “Sono dei miei ragazzi… almeno quei due, quei due lì li faccio correre”.
Twitter: @gbarbacetto
il Fatto Quotidiano, 7 Agosto 2014