Il settore dei servizi di terra è vittima di un'eccessiva frammentazione. Ma anche della scelta delle low cost di incentivare l'uso del bagaglio a mano. Eppure c'è chi si fa largo in tutta Italia anche se si contano di più i fallimenti che i casi di successo
La chiusura del caso Alitalia-Etihad riporta un po’ di tregua nei cieli della Penisola, ma non nei suoi aeroporti come dimostra il caso del caos bagagli di Fiumicino che tocca uno dei tarli del sistema. Resta infatti sempre aperta la ferita dei servizi a terra, il cosiddetto handling. Che da tempo sta vivendo una crisi profonda. “L’uscita delle società di gestione degli aeroporti da questo settore ne ha determinato una frammentazione, con tante aziende di assistenza a terra che tendono a seguire poche compagnie aeree”, spiega a ilfattoquotidiano.it Oliviero Baccelli, docente di Economia e politica dei trasporti all’università Bocconi di Milano. “Una situazione, d’altronde, tipica di tutto il settore della movimentazione merci”. Ma aggravata, nel comparto dell’assistenza aeroportuale, da un calo dei volumi causato da due fattori specifici. “Da una parte la scelta delle compagnie low cost di incentivare l’utilizzo del bagaglio a mano, dall’altra il calo dei movimenti a terra. Che deriva a sua volta dalla tendenza a programmare meno voli e usare aerei in grado di trasportare più passeggeri”. E le scelte di alcuni vettori non hanno aiutato: “Malpensa, con il trasferimento di buona parte dei voli Alitalia a Fiumicino nel 2008, ha perso circa 6 milioni di passeggeri in transito”, ricorda Baccelli. Cambiamenti ai quali “non tutti gli handler hanno saputo adeguarsi”, spiega Andrea Giuricin, Docente di mobility management all’Università Milano Bicocca.
Gli aiuti di Stato a Linate e Malpensa – Gli esempi non mancano. A partire da quello di Sea Handling, controllata della società di gestione degli aeroporti milanesi Sea, che ha chiuso i battenti il 30 giugno. “Non riusciva a stare sul mercato”, è il giudizio di Giuricin. Per questo tra il 2002 e il 2010 la capogruppo, società mista pubblico-privata con il comune di Milano come socio di maggioranza oggi al 54,8% e il fondo F2i di Vito Gamberale come primo azionista privato, ha dovuto garantirle aumenti di capitale per un totale di 360 milioni. Attirando l’attenzione della Commissione Ue, che li ha giudicati aiuti di Stato e ne ha imposto di conseguenza la restituzione con gli interessi. “Il problema di Sea Handling è stato che si è cercato di risolvere un tema di rilevanza sociale con strategie politiche anziché economiche”, commenta Baccelli. Con pessimi risultati: per cercare di salvare i 2.200 posti di lavoro e dribblare le decisioni di Bruxelles, a fine giugno Sea ha deciso di rottamare Sea Handling e di trasferire i dipendenti in una società nuova di zecca, Airport handling. Peccato che nel “pacchetto” siano compresi 25 milioni di euro con cui acquisire formalmente i mezzi necessari per svolgere le attività di terra e pagare i primi mesi di stipendi. La Commissione Ue non ha mancato di notare l’acrobazia. E, pochi giorni prima della firma dell’accordo tra Sea e i sindacati, ha aperto una nuova indagine per valutare se tra le due società ci sia “genuina discontinuità” e se i 25 milioni siano un ulteriore sussidio illecito.
A Roma 14 handler per due scali – Anche nella Capitale i nodi da risolvere sono tanti. A partire dal numero stesso degli handler: sei a Fiumicino e otto a Ciampino. “Di per sé non è un fatto negativo, è sana concorrenza”, chiarisce Giuricin. Il problema è che non tutti sono lavorano in condizioni di efficienza. Motivo per cui, spiega Baccelli, sarebbe opportuno agire a monte, “limitando il numero di certificazioni Enac”. E concedendole solo a chi offre sufficienti garanzie sulla qualità del servizio e il livello dei prezzi.
I due fallimenti di Groundcare – Il caso più eclatante, a oggi, è quello della Groundcare, già Flightcare. Al centro di un’intricata vicenda che l’ha vista passare di mano in mano, con il miraggio di un salvataggio che lo scorso 29 maggio si è però schiantato contro la realtà del fallimento. La storia dell’azienda è iniziata sotto il segno di Aeroporti di Roma, la società che gestisce gli scali di Fiumicino e Ciampino, controllata dalla famiglia Benetton. Nel 1999 il gruppo ha scorporato le attività di assistenza a terra trasferendole nel “contenitore” Aeroporti di Roma Handling. Un chiaro preludio alla cessione, che è arrivata nel 2006: a comprare sono stati gli iberici di Flight Care. Ma nel 2012 la svizzera Swissport si è fatta avanti per rilevare la parte spagnola e belga del gruppo, proposta che escludeva la filiale italiana, in rosso per 13 milioni. Che è così passata di mano separatamente per la cifra simbolica di 1 euro oltre ai suoi 15 milioni di debiti. A comprare la Groundcare holding di Roberto Sartori, Roberto D’Andrea e Domenico Cempella, quest’ultimo ex dg di Aeroporti di Roma ed ex ad di Autostrade e di Alitalia. Groundcare, però, inizia a perdere uno dopo l’altro i principali vettori clienti e nell’agosto 2013 vede fallire il braccio lombardo Groundcare Milano, che operava a Linate e Malpensa. Nonostante tutto la proprietà continua a moltiplicare le attività e mettere a segno acquisizioni, tra cui quella della genovese Adiuva compagnia generale aeronautica, e a moltiplicare le attività. I bilanci scricchiolano sempre di più e a marzo 2014 viene decisa la liquidazione. Il che, per gli 850 lavoratori, significa niente stipendio da maggio (eccezion fatta per un anticipo su una mensilità) e il rischio di non vedere la fine dei contenziosi aperti con l’azienda per mobbing, licenziamenti illegittimi e retribuzioni non riconosciute nell’ordine di decine di migliaia di euro.
Gh Italia, ovvero il nuovo che avanza da Brindisi a Venezia – Resta la speranza di un cavaliere bianco che rilevi e rilanci la società. Il curatore fallimentare ha ricevuto diverse offerte ed entro il 30 agosto, termine di scadenza dell’esercizio provvisorio dell’azienda, dovrà valutarle e decidere su quale puntare. Fonti sindacali riportano che tra i pretendenti figura Gh Italia, società di handling di stanza a Fiumicino che opera in nove aeroporti italiani, da Venezia a Brindisi, ma anche a Heathrow attraverso Azzurra Ground handling services. A dire il vero l’azienda aveva già avanzato un’offerta per Groundcare prima del fallimento. Proposta però scartata perché prevedeva la riassunzione di soli 600 lavoratori e un taglio degli stipendi intorno al 30 per cento. Dietro Gh Italia c’è il gruppo napoletano Alisud, che fa capo per l’86%, attraverso Italhandling, alla famiglia Zincone, e per il 14% al vicepresidente Floriano Frangipani. La holding campana, stando all’ultimo bilancio disponibile (2012), ha dimensioni non certo da big: 1 milione di capitale sociale, 2,5 milioni di ricavi e un utile di 54mila euro. Eppure nell’ultimo decennio ha messo in campo una sontuosa campagna acquisti. Nel 2005 ha preso il 100% di Gesac handling, società di gestione dei servizi di assistenza a terra a Napoli e operativa anche allo scalo di Venezia attraverso Eagles services. Nel 2012, poi, è stata la volta della Marconi handling di Bologna, di cui quattro anni prima aveva già comprato da Sab il 15 per cento. In pancia c’è poi anche il 45% di Katane handling, la società dei servizi di terra di Fontanarossa. E proprio in questi giorni sono in corso trattative per rilevare da Sac, gestore dello scalo, anche il rimanente 55 per cento.
A Palermo tira e molla tra Gh e la Gesap – Più complessa la situazione a Palermo: nel 2005 Gh Italia attraverso Gesac handling si è aggiudicata il 49% della società dei servizi di terra, ribattezzata Gh Palermo. Con l’obiettivo di acquisire poi anche il 51% ancora in mano alla Gesap, la società pubblica che gestisce l’aeroporto Falcone Borsellino. Nel 2009, quando la nuova Alitalia Cai ha deciso di cedere le proprie attività di handling, Gh Palermo si è presa in casa anche quel ramo di azienda operativo nello scalo siciliano e i suoi 102 dipendenti. Ma nel 2011, cambiati i vertici, Gesap ha fatto marcia indietro sulla cessione ritirando il bando di vendita delle proprie quote azionarie emesso l’anno prima. A quel punto, sfumata l’ipotesi di conquistare il controllo, Gh ha esercitato l’opzione prevista dal contratto di sei anni prima e ha restituito la propria quota. Un pasticcio che non è ancora arrivato a conclusione, visto che Comune, Provincia e Camera di Commercio, principali soci pubblici, lo scorso anno con una nuova inversione di rotta hanno deciso di privatizzare la maggioranza di Gesap e l’80% di Gh Palermo. E, stando a indiscrezioni riportate dalla stampa locale, l’unica manifestazione di interesse sarebbe quella di Marconi handling. Altra controllata di Alisud.