Vorrei, lo chiedo con terribile serietà, che nessuna telecamera rincorresse il vicino di casa o il parente desolato ripetendo la domanda: “Il padre soffriva tanto per suo figlio disabile?”. Vorrei che nessun professionista dell’informazione cadesse nella oscena tentazione di patinare di lacrime e sdegno a buon mercato questa triste storia. Se potessi ancora chiedere qualcosa inviterei tutti i solerti giornalisti che accorreranno al capezzale di una famiglia che sembra dissolversi per mano sacrilega ad interrogarsi ed interrogare le cause.
Forse potrebbero scoprire che le famiglie che hanno un adulto disabile in casa, soprattutto al Sud sono sole ed abbandonate da uno Stato che sembra ignorarne l’esistenza. In questi giorni appassionati auspici hanno accompagnato la riunione dell’osservatorio nazionale sulla disabilità risoltasi, come sempre accade, in una bolla di sapone. Sempre in queste giornate le associazioni dei disabili hanno proseguito ad incoraggiare il governo di turno nonostante ne riconoscessero la assoluta inadeguatezza delle risorse destinate ai fondi delle politiche sociali e della non autosufficienza.
Nel frattempo le terribili angosce prevalgono in tante famiglie che non sentono di avere più le energie per andare avanti con un figlio disabile che cresce mentre i genitori invecchiano. Si sa, è una storia che non vorremmo sentirci ripetere soprattutto in vacanza ed infatti anche in Parlamento qualche seria commissione sta “introducendo” il tema del dopo di noi. Salvo scoprire tra qualche mese che le risorse economiche non esistono perché il Mef non ne può più di poveri, disoccupati e disabili.
Forse allora sarà meglio occuparsi di un “incomprensibile” delitto e pensare che un padre può anche impazzire. È più semplice e ci assolve da ogni responsabilità.