Solo i gemellini potranno un giorno decidere di chi sono figli. Potranno essere loro “arbitri dello loro status”, anche se per ora il destino e la legge italiana dice che appartengono alla donna che li ha partoriti e a suo marito, e non ai genitori genetici. È in una frase a pagina 12 del provvedimento del giudice di Roma, Silvia Albano che ha stabilito che è la donna che li ha partoriti la madre, a far intravedere che a decidere un giorno potrebbero essere loro. Di fatto “il fatale errore umano”, con lo scambio di embrioni avvenuto il 4 dicembre dell’anno scorso all’ospedale Pertini, per il magistrato si configura come una “eterologa da errore”. Su cui non c’è giurisprudenza, né legge da chiamare in causa. 

“Una eterologa da errore, indeterminatezza a fronte di un vuoto legislativo”. “Ci si trova di fronte a un’eterologa da ‘errore’ (la madre porta in grembo embrioni geneticamente non suoi né del marito o del partner) o una surroga materna ‘da errore’ (i genitori genetici producono embrioni che sono impiantati nell’utero di un’altra donna che li porta in gestazione) con una procedura priva di consenso, il che sembra generare una situazione di indeterminatezza in merito alla maternità e paternità a fronte di un vuoto legislativo che dovrebbe venire colmato in via interpretativa” osserva il giudice a pagina 6. Un caso che “il diritto non contempla e non disciplina in modo esplicito”, ma che ha comunque portato il magistrato a stabilire che i gemelli, nati il 3 agosto dopo uno scmabio di provette all’ospedale Pertini di Roma e già registrati all’anagrafe, per legge vigente sono figli della donna che li ha partoriti e che il marito ne è il padre perché la dichiarazione dell’atto di nascita di un figlio durante il matrimonio di fatto fa divenire il marito “il padre legale”.

“Il concetto di famiglia si è sempre più sganciato dal dato biologico”. Il giudice, nelle 16 pagine del provvedimento, esclude anche che la vicenda sia “suscettibile di ricorso alla Corte costituzionale” perché “contrastante con gli interessi dei minori alla stabilità del loro status e con il loro diritto a vivere con quella che è la loro famiglia gestante”. Così è la legge ed è per questo che il giudice ha respinto tutte le richieste della coppia biologica, coloro che hanno scritto nei loro geni maternità e paternità. Che però soccombe in quanto prevale l’interesse dei due bambini “alla stabilità del loro status e con il loro diritto a vivere con quella che è la propria famiglia secondo l’ordinamento vigente”.

Del resto il “rapporto di filiazione … si è andato sempre più sganciando nel nostro ordinamento dall’appartenenza genetica”; così tanto che è possibile che un bambino abbia diverse figure genitoriali: la madre genetica (la donna cui risale l’ovocita), quella biologica (colei che ha condotto la gestazione) e quella sociale (colei che esprime la volontà di assumere in proprio la volontà genitoriale) e il padre genetico e quello sociale. Ma “il concetto di famiglia si è andato dal canto suo, sempre più sganciando dal dato biologico e genetico degli appartenenti, venendo concepita sempre più come luogo degli affetti e della solidarietà reciproca”.

“Azione di disconoscimento di paternità imprescrittibile per il figlio”. L’unico sentiero che potrebbe portare i genitori genetici a diventare anche madre e padre sociali potrebbero aprirlo proprio i gemelli che, per legge ormai, sono figli dell’altra coppia. Perché, scrive il giudice, anche se la legge ha accolto “il principio in base al quale la tutela del diritto allo status e alla identità personale può non identificarsi con la prevalenza della verità genetica” allo stesso tempo è il figlio a essere “arbitro del proprio status” e per lui l’azione di una eventuale “azione”di disconoscimento di paternità è “imprescrittibile”. Quindi i due piccoli potrebbero un giorno volere esercitare il diritto di decidere loro e chiedere almeno il disconoscimento della paternità. 

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