Lo Stato Islamico avrebbe ucciso almeno 500 Yazidi durante l’offensiva condotta nel nord dell’Iraq. Lo ha detto all’agenzia Reuters Mohammed Shia al-Sudani, ministro iracheno per i diritti umani, secondo cui Isis avrebbe anche sepolto vive diversi membri della minoranza etnica, compresi donne e bambini. Trecento donne sarebbero state rapite e ridotte in schiavitù. “Abbiamo prove certe, ottenute dai membri della comunità yazidi in fuga da Sinjar, e fotografie che dimostrano inequivocabilmente che le bande dello Stato Islamico hanno ucciso almeno 500 yazidi dopo aver conquistato la città”, ha detto al-Sudani in una intervista telefonica. “Alcune delle vittime – continua al-Sudani – compresi donne e bambini, sono stati sepolti vivi in fosse comuni a Sinjar e nei dintorni”. Il racconto del ministro è raccapricciante: “In alcune delle immagini si vedono cadaveri allineati giustiziati con un colpo alla testa, mentre i miliziani esultano brandendo le armi sui corpi”.
Proseguono i raid dei caccia Usa
Intanto gli Stati Uniti proseguono con i raid contro le postazioni dell’Isis iniziati tre giorni fa, in particolare “per difendere le forze curde vicino a Erbil, dove si trovano personale e cittadini americani”, ha affermato il Comando Centrale Usa. Jet da combattimento e droni hanno effettuato altri quattro raid contro i militanti. Gli attacchi vicino Sinjar sono stati estesi: si tratta del terzo round da quando è partito l’ordine dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il comando centrale ha riferito che i militanti dello Stato islamico stavano nuovamente attaccando civili yazidi che cercavano riparo nelle montagne di Sinjar. In un comunicato l’esercito ha aggiunto che i combattenti stavano colpendo i civili indiscriminatamente.
“Ventimila rifugiati yazidi sono salvi”
Sono riuscite a fuggire 20.000 delle almeno 40.000 persone della minoranza degli yazidi intrappolate da giorni sui monti di Sinjar. Lo riferisce l’Afp. Già ieri i combattenti curdi avevano annunciato di aver aperto un primo corridoio come via di fuga. Secondo la deputata Vian Dakhil, rappresentante della minoranza Yazidi, gli scampati sono almeno 20.000, mentre un responsabile curdo del valico di Fishkabur, nel nord dell’Iraq, ha indicato un numero fino a 30.000. I fuggitivi sarebbero riusciti a rifugiarsi in Siria, per poi tornare sotto scorta curda nel territorio del Kurdistan iracheno al riparo dai jihadisti. Le forze curde dei Peshmerga hanno riconquistato inoltre due città in posizione strategica.
Il ministro degli Esteri francese Fabius a Bagdad
Da subito Parigi aveva promesso di affiancare Washington e condividere la decisione di Barack Obama. E oggi il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius è in Iraq; a Bagdad incontrerà il suo omologo iracheno Hoshyar Zebari poi a Erbil, capitale del Kurdistan, dove troverà il presidente della regione Massud Barzani. Parigi fornirà “diverse tonnellate” di aiuti alle centinaia di migliaia di sfollati iracheni, ha detto Fabius. Il ministro ha chiesto agli iracheni “di formare un governo di ampia unità, in modo che tutti gli iracheni si sentano rappresentati e insieme conducano una battaglia contro il terrorismo”.
Mogherini: “Valutiamo iniziative con il ministero della Difesa”
Oltre allo sforzo per fare arrivare gli aiuti umanitari in Iraq, l’Italia sta “valutando una serie di altre iniziative in questi giorni che non riguarderanno probabilmente soltanto il ministero degli Esteri, ma potranno riguardare anche il ministero della Difesa”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Federica Mogherini, intervenendo a RaiNews24, lasciando intendere che esiste la possibilità di un qualche tipo di intervento italiano nel paese. Devono essere “i ministri degli Esteri dell’Ue, non i livelli diplomatici, a prendersi le responsabilità politiche” per le numerose crisi in atto “attorno ai confini dell’Europa”, ha detto il capo della Farnesina. Sempre nella giornata di oggi, l’Ue aveva definito “crimini contro l’umanità” gli atti commessi dai jihadisti.
Patriarca caldeo: “Sconcertante intervento Usa solo su Erbil”
“La decisione del presidente americano Barack Obama di intervenire militarmente soltanto per difendere Erbil è sconcertante”. Così scrive il patriarca caldeo di Babilonia, Luis Raphael I Sako, in un appello inviato all’associazione Acs, “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Il patriarca critica fortemente il mancato intervento Usa per liberare Mosul e la Piana di Ninive dal cosiddetto Isis e la scelta di Washington di non dare appoggio alle forze del governo di al Maliki, a meno che queste non si alleino con i peshmerga. “È deprimente pensare che questa drammatica situazione continuerà finché l’esercito iracheno non si schiererà al fianco di quello curdo per combattere Isis”, afferma Sako. Il prelato caldeo punta il dito anche contro Bagdad: “Mentre il Paese è sotto attacco, i politici continuano a lottare per la conquista del potere” e intanto “terribili e allarmanti sono le condizioni delle migliaia di rifugiati, tra cui moltissimi cristiani: si lascia presagire un ancor più terribile disastro”.
Papa: “Increduli e sgomenti per le violenze sui cristiani”
Papa Francesco, dopo l’appello di giovedì 7 agosto a “porre fine al dramma umanitario, è tornato a chiedere attenzione prima su Twitter (“Le persone private della casa in Iraq dipendono da noi. Invito tutti a pregare e, quanti possono, ad offrire un aiuto concreto”), quindi durante l’Angelus in piazza San Pietro: “Quanto succede in Iraq, con le violenze contro i cristiani costretti alla fuga dai fondamentalisti islamici, “offende gravemente Dio e l’umanità”, ha detto il pontefice al termine dell’Angelus in piazza San Pietro. “Non si porta l’odio in nome di Dio! Non si fa la guerra in nome di Dio!”, ricorda il Papa, che si è detto “incredulo e sgomento per le violenze contro i cristiani”.