Nonostante le gaffe razziste e le condanne (prima della riabilitazione), il capo della Lega dilettanti dovrebbe passare al terzo scrutinio, assestandosi tra il 55 e il 60%. Ma, fino all'esito finale del voto, permangono anche le ipotesi commissariamento e ribaltone nell'urna
Si dice che chi entra papa in conclave ne esce cardinale. Oggi Carlo Tavecchio non dovrebbe correre questo rischio: fra qualche ora, salvo ribaltoni dell’ultimo minuto, dovrebbe essere lui il nuovo presidente della Figc. Nonostante tutto. Nonostante l’incredibile frase su “Optì Pobà che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio” e le polemiche che ne sono seguite. Nonostante i suoi 71 anni compiuti lo scorso 13 luglio, e una vita in Federazione, da vicepresidente e da gran capo della Lega Dilettanti (ininterrottamente dal 1999): non proprio il curriculum vitae del “rottamatore”. Nonostante le cinque condanne maturate tra il 1970 e il 1988 (che però non figurano più nel casellario giudiziale e non lo rendono ineleggibile, almeno dal punto di vista normativo).
La bufera delle ultime settimane sembra essere passata: Tavecchio ha vacillato ma non è caduto, sorretto dai suoi sponsor (Claudio Lotito in primis). E adesso i numeri giocano dalla sua parte: il 50%+1, buono per essere eletti al terzo scutinio, è lì, a portata di mano. Ma tra l’ex sindaco Dc di Ponte Lambro e la poltrona più importante del calcio italiano c’è di mezzo ancora un’elezione, a scrutinio segreto. Che lascia aperta la porta a diversi scenari. E chissà, forse anche a possibili sorprese.
Prima ipotesi: Tavecchio vince e convince – Attualmente lo scenario più credibile è quello di una vittoria abbastanza netta. Quanto di preciso è difficile dirlo. Tavecchio partiva da una base ampia di consenso, del 66% circa (il 34% della Lnd, più le leghe professionistiche). Dopo la gaffe ha perso tanto, ma non è mai scivolato al di sotto della soglia di sicurezza. Anzi, nelle ultime ore sembra addirittura aver riconquistato qualche voto (come dimostra la marcia indietro di domenica del Cesena). Dovrebbe passare al terzo scrutinio (prima serve una maggioranza qualificata fuori portata), assestandosi tra il 55 e il 60%. Numeri convincenti. A quel punto molto dipenderà dalle scelte in sede di nomine. Ieri Tavecchio avrebbe assicurato che il suo vicepresidente non sarà un presidente di un club di calcio (ovvero Lotito). Una maniera per dimostrare (almeno in apparenza) di non avere “cambiali da pagare”, come paventato da Giovanni Malagò. E proprio per recuperare terreno, Tavecchio potrebbe includere nella sua squadra di governo alcuni nomi particolarmente graditi al numero uno dello sport italiano: come Michele Uva, direttore generale della Coni Servizi; o Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica, giù consulente del Comitato olimpico. Così il suo mandato, dopo mille tribolazioni, partirebbe col piede giusto.
Seconda ipotesi: vittoria stentata, arriva il commissario? – L’appoggio formale delle leghe garantisce a Tavecchio una maggioranza di 15 membri su 21 in consiglio federale (dove si fanno le riforme), a prescindere dall’entità del successo di oggi in assemblea. Ma, viste le tensioni e il clima delle ultime settimane, vincere con una percentuale consistente o risicata potrebbe fare una differenza enorme per il prossimo presidente della Federcalcio. Il presidente dei dilettanti è già osteggiato dalle componenti tecniche (calciatori e allenatori) e dall’opinione pubblica: ha bisogno del sostegno unitario delle leghe per poter operare. Se invece le schede bianche dovessero essere più del previsto, il mondo del calcio si ritroverebbe davvero spaccato in due. Tavecchio verrebbe eletto, sì. Ma per quanto? La governabilità potrebbe essere messa in discussione da subito. E a quel punto Malagò avrebbe le mani libere per commissariare la Federazione.
Terza ipotesi: ribaltone nell’urna – Resta anche un terzo scenario. Il più improbabile, per come si sono messe le cose, ma non ancora del tutto scongiurato: quello della fumata nera in assemblea, con i presidenti meno convinti della Serie A (ma anche della Lega Pro, e alcuni di Serie B) che voltano le spalle al grande favorito nel segreto dell’urna. Sarebbe un ribaltone clamoroso. Davvero difficile ipotizzare un successo dello sfidante Demetrio Albertini (che non è riuscito a conquistare consenso politico). Semmai, a vincere in questo caso potrebbe essere l’astensione. Tante schede bianche e nessuno dei due candidati oltre la maggioranza assoluta, anche al terzo scrutinio. Il regolamento dell’assemblea prevede un ballottaggio, senza quorum. Ma è chiaro che se Tavecchio dovesse andare sotto il 50% dei voti si tratterebbe di una vera e propria dichiarazione di sfiducia, impossibile da ignorare. A quel punto sarebbe lui per primo a fare un passo indietro, e la palla tornerebbe a Malagò. Poche ore ancora. Poi la Figc, comunque vada, avrà una nuova guida. C’è una nazionale senza allenatore. E un calcio italiano da rifondare.
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