Il Manuale delle Giovani Marmotte non avverte il lettore che in politica i numeri non obbediscono alle regole dell’algebra: talora il -0,2% conta più del +40,8%. Non stupisce dunque che Renzi sembri un giovane esploratore senza mappa in un territorio troppo vasto per le sue capacità di orientamento.

In Europa ad esempio di fronte alla Merkel Renzi si trova nella condizione psicologica dell’ottavo marito di Elizabeth Taylor: un Telemaco con aspirazioni da posizioni di vertice nella classifica degli amplessi memorabili, tristemente zavorrate da palesi inadeguatezze e inesperienza. Competere nei bollenti ricordi della Diva richiederebbe una dose di originalità, il gusto di osare, un’inventiva, un colpo di genio ispirato dallo spirito boccaccesco che ancora permea Firenze. Invece il Kamasutra del gabinetto Renzi ripropone pateticamente una sola monotona posizione, inalterata da Tremonti a Letta passando per Monti. In pratica non solo i tedeschi dovrebbero accollarsi il conto delle quarantennali scelleratezze fiscali italiche, ma dovrebbero pure finanziare quelle nuove che consentirebbero di rimpinguare i bottini di voti di scambio e fondi neri a cui la casta (che si è affidata alla scialuppa tarlata di Renzi) è malamente assuefatta e senza i quali verrebbe spazzata via.

Siamo d’accordo che tra i passati inquilini di Palazzo Chigi non si annovera un Richard Burton del buongoverno. Ma addirittura riproporre al Parlamento Europeo, con rinnovata prosopopea, in apertura del semestre di presidenza italiano la tiritera di eurobond, investimenti in infrastrutture, scorporo di spese dai parametri di Maastricht e tutto il repertorio delle tremontate d’accatto, ha costituito il trampolino di lancio verso l’irrilevanza o il dileggio già riservati al Berlusca (con cui pare si intenda a perfezione). Visto che le Giovani Marmotte in campeggio a Palazzo Chigi non si rendono conto dello scherno che suscitano (non solo in materie economiche, come dimostra il caso Mogherini), Draghi si è visto costretto a suonare la sveglia.

Per la prima volta un Presidente della Bce ha puntato il dito pubblicamente su un paese dell’Eurozona. I canguri saltati in branco sul carro del vincitore sono rimasti esterrefatti. Si scambiano occhiate terrorizzate dalla prospettiva di seguire il tragico destino dei fessacchiotti intruppatisi sotto le insegne di Monti quando il loden sventolava alto e maestoso sui Palazzi di Roma. Draghi in pratica si è limitato a ricordare che fuori dal Grande Raccordo Anulare, la petulante Sinfonia della Flessibilità sui parametri di Maastricht che delizia i milioni di parassiti e aspiranti tali con il miraggio delle greppie da sottobosco statale, stride peggio del rap di Giovanardi.

Tutto si può dire dei parametri e dei vari Trattati europei (e soprattutto delle interpretazioni all’acqua di rosa) tranne che non abbiano inglobato meccanismi fin troppo flessibili, soprattutto per paesi come l’Italia dove la spesa pubblica è volano di spreco e corruzione. Per chi volesse approfondire questo recente pezzo de la Voce.info contiene una sintesi comprensibile anche ai non addetti. Anzi è stata proprio questa mal concepita flessibilità – combinata con l’assenza di controlli pervasivi (vedi Grecia) nonché di sanzioni efficaci ed immediate per i violatori – a creare la crisi del debito pubblico da cui non si riesce a venir fuori.Se poi si considerano i fondi strutturali europei e l’incapacità cronica, squisitamente italiana, di riuscire a spenderli (o di spenderli per i concerti di Elton John) , si capisce che gli appelli di maggiori finanziamenti dell’Unione Europea suonino come una bislacca provocazione di un piazzista da fiera. Per questo Draghi ha adottato un linguaggio anche più pesante di quello della lettera a Berlusconi e Tremonti. Tanto più urticante in quanto arrivato a pochi giorni dalla puerile polemica con Cottarelli.

Si può ben essere d’accordo con Renzi ed asserire che in un paese serio il commissario alla spending review è a tutti gli effetti il ministro delle Finanze e del Tesoro, il quale in prima persona si assume la responsabilità delle scelte, con il sostegno del Presidente del Consiglio. Ma il motivo per cui in Italia i governicchi ricorrono ai vari Giarda (che iniziò a cimentarsi con questo arcano maggiore già nel 1982) Bondi, Giavazzi e Cottarelli (per rimanere agli ultimi anni) è proprio perché sono formati e guidati da imbelli. Insomma si può sintetizzare il punto parafrasando l’aforisma del Galileo di Brecht: “Sventurato il paese che ha bisogno di commissari alla spending review”.

Ma la pulsione delle Giovani Marmotte a sbattere la zucca contro il muro della logica economica prima che dei Trattati non si affievolirà tanto presto per evidenti ragioni elettorali: è bastato pasturare le clientele con poche decine di euro (finanziati, tanto per cambiare, da ulteriori debiti e tasse) per fare il pieno di voti alle europee. Immaginate che praterie elettorali spalancherebbero gli eurobond garantiti dai Tedeschi al Clan dei Toscani e alla Banda di Arcore! Il Manuale delle Giovani Marmotte insegna che a S. Lorenzo cadono le stelle, ma omette di specificare che in autunno cadono i governi balneari.

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