Come la corsa di mezzagosto che fra qualche giorno infiammerà i contradaioli in Piazza del Campo, anche al palio della Fondazione Mps fino all’ultima curva è parso più importante non far vincere l’avversario che arrivare primo al bandierino. “Noi senesi siamo fatti così”, si giustificano in città, dove resistono tradizioni secolari. E antichi grovigli fra politica e affari che nemmeno la crisi economica è riuscita a sbrogliare. Lo dimostra la guerra sulla nomina del nuovo presidente dell’ente senese che si è combattuta negli ultimi due mesi. E che lunedì 11 agosto ha visto consumarsi l’ultima battaglia.
Dopo cinque ore di conclave fra i 14 consiglieri della deputazione generale dell’ente, infatti, è arrivata la fumata bianca: Marcello Clarich, professore di diritto amministrativo alla Luiss di Roma nonché avvocato cassazionista, è il nuovo presidente della Fondazione con 12 voti favorevoli, un contrario e l’astensione della sfidante Bettina Campedelli. La docente veronese entra comunque nella deputazione amministratrice insieme a Giovanna Barni (presidente di CoopCulture, la più grande cooperativa operante nel settore dei beni e delle attività culturali in Italia ma anche sorella del rettore dell’Università per stranieri di Siena, uno degli enti nominanti della Fondazione), Alessandro Fabbrini (direttore delle Terme di Rapolano nonché presidente dell’Agenzia provinciale per l’energia) e il giovane Marco Frigerio (classe 1981, è esponente della lista Siena Cambia che ha sostenuto l’elezione del sindaco Bruno Valentini).
Tutti soggetti indicati da Comune e Provincia. Non solo. Clarich sarebbe stato tra gli avvocati sentiti da alcuni di coloro che dovranno rispondere davanti al tribunale civile dell’azione di responsabilità mossa nei mesi scorsi dalla Fondazione nei confronti della passata gestione, anche se lui avrebbe declinato la richiesta ben prima di essere chiamato per l’eventuale candidatura. E lo stesso professore è anche il commissario straordinario dell’Istituto per il Credito Sportivo, che è voce non secondaria nel bilancio appena presentato dalla banca Mps.
Si torna dunque a puntare il dito su intrecci, grovigli e pressioni politiche. Facendo tornare le lancette dell’orologio indietro a un anno fa quando l’ente controllava ancora il 33% del Monte dei Paschi, ma rischiava di fallire travolto dai debiti contratti per aiutare la banca a sostenere l’acquisto di Antonveneta in seguito finito al centro di una complessa inchiesta giudiziaria. Poi, all’inizio di settembre del 2013, l’inversione di rotta con la nomina di Antonella Mansi alla presidenza che ha fatto scendere la Fondazione al 2,5% del capitale della banca vendendo gran parte delle sue quote a due investitori sudamericani, il fondo messicano Fintech e la banca d’affari brasiliana Btg Pactual, con cui ha stretto un patto di sindacato che raggruppa complessivamente il 9% di Mps. L’ente si è salvato dal dissesto e, conclusa la missione, a giugno la Mansi ha deciso di fare un passo indietro e di non proseguire il suo mandato al vertice.
E lì sono cominciati i problemi. Perché in più di sessanta giorni gli amministratori nominati dagli enti locali non sono riusciti a mettersi d’accordo sul nome del successore della Mansi, che si è dimessa ufficialmente dal 1 agosto. A fine luglio l’ennesima fumata nera con un pareggio di preferenze, cinque per Clarich e cinque per la Campedelli frutto di veti incrociati. Colpa di “interferenze” e “condizionamenti ambientali”, come li ha definiti di recente la stessa Mansi. Lanciando un campanello di allarme sul riaccendersi di appetiti di potere in vista del rinnovo del consiglio di amministrazione della banca che scade nella primavera del 2015.
La scelta di Clarich sarebbe letta a Siena come un ritorno al passato che mette a repentaglio il futuro. Non solo della Fondazione e delle sue società partecipate ancora da risanare, ma anche del Monte. In gioco c’è infatti la fiducia dei soci stranieri che chiedono garanzie sul loro investimento, nonché sulla nomina dei due membri del consiglio di amministrazione della banca espressione del patto che deve ancora essere stabilita. L’ennesima battaglia sulle nomine di Palazzo Sansedoni è coincisa peraltro con l’ultima semestrale chiusa ancora in profondo rosso dall’istituto di Rocca Salimbeni (352 milioni, di cui -178,9 milioni solo negli ultimi tre mesi). E, se non ci sarà un’inversione di tendenza nei conti e dell’andamento del titolo in Borsa, una fonte finanziaria non esclude la necessità di un nuovo aumento di capitale. La nomina di Clarich risulterebbe infine indigesta al vertice dell’Acri, l’associazione delle fondazioni presieduta da Giuseppe Guzzetti che fino a oggi ha sempre sostenuto la strategia seguita dalla Mansi.
“Da oggi – ha esultato lunedì sera il sindaco Valentini – è definitivamente iniziata una nuova stagione, per Siena e per la Fondazione”. Basta che non sia l’ultima.
di Ambra Lorenzetti