Un tema che ora ritorna rinforzato all’ennesima potenza nella riflessione di un singolare economista coreano ormai saldamente radicato nell’Università di Cambridge – Ha-Joon Chang – che giunge a mettere in discussione persino il massimo mito del tempo: Internet, il cui effetto sulla società sarebbe inferiore a quello della lavatrice (23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo, il Saggiatore, Milano 2014). A suo dire, se l’impatto delle tecnologie della comunicazione/informazione ha provocato “la fine della distanza”, le lavatrici e gli altri elettrodomestici che riducono il tempo e l’energia da dedicare alle faccende di casa, hanno permesso a larghe fasce femminili di entrare nel mondo del lavoro; liberandosi dalla schiavitù del servizio domestico. Soprattutto nei Paesi più avanzati (il Brasile ha 12-13 volte più domestici degli Stati Uniti e l’Egitto 1.800 più della Svezia), dove dalla metà degli anni ’40 il tempo per lavare 17 chili di bucato si è ridotto di 6 volte (da 4 ore a 41 minuti).
Insomma “la comparsa degli elettrodomestici, insieme all’elettricità, le condotte per l’acqua e per il gas, ha radicalmente trasformato il modo in cui vivono le donne e di conseguenza anche gli uomini… L’aumento della partecipazione al mercato del lavoro ha elevato lo status delle donne in casa e nella società, riducendo la preferenza per i figli maschi e aumentando gli investimenti nell’educazione femminile”. Un cambiamento che ha portato all’attuale 80 per cento delle donne che lavorano fuori casa. Trasformazione più radicale – ad esempio – dell’accorciamento dei tempi di trasmissione dei messaggi consentito da Internet: i 10 secondi che occorrono al fax per inviare un messaggio di 300 parole passano a 2, pari a un’accelerazione di cinque volte.
Ben maggiore fu – all’epoca – l’effetto prodotto dall’avvento del servizio telegrafico intercontinentale (1866): se prima una nave a vapore impiegava due settimane nella traversata atlantica, ora il lasso di invio del solito messaggio di 300 parole richiedeva 7-8 minuti, con una riduzione di 2.500 volte. Semmai, il primo esito sociale prodotto dall’informatizzazione del lavoro è stata la moria indotta nei posti di lavoro. Per il premio Nobel Robert Solow “un’evidenza”. Questi sono i dati, anche se l’enfasi sulla novità tecnologica tende a metterli in ombra. Come il peso dell’elettrodomestico nella vita di tutti noi e nella storia italiana. Anche perché l’antico successo mondiale di quel settore consolidò brillantemente l’idea che rendeva il Made in Italy così specifico e riconoscibile: la coniugazione di stile ed efficienza in un manufatto.
Difatti quelle macchine “bianche” funzionavano bene ed erano anche belle. Come belli erano tutti i must di quella stagione dell’economia italiana all’assalto dei mercati: era bella la Divisumma Olivetti come la Vespa Piaggio, bello e pratico il Moplen e – a modo suo – era pure bella la Seicento dell’allora Fiat (e nessuno avrebbe mai potuto neppure lontanamente immaginare che si sarebbe trasformata in Fca finendo a Detroit).
Insegnamento anche questo che andrebbe ricordato.
Il Fatto Quotidiano, 12 Agosto 2014