Attenzione, il prezzo che Fiat pagherà agli azionisti in disaccordo con il progetto di fusione con Chrysler può solo diminuire, non aumentare. Questo, in sintesi, il messaggio non tanto velato che il Lingotto ha mandato a chi spera di far saltare l’operazione approvata dall’assemblea del primo agosto scorso, per spuntare un incasso più alto dei 7,72 euro per azione messi sul piatto da Torino per un massimo di 500 milioni di euro. Anche perché nel frattempo il valore dei titoli Fiat è sceso.
“Fiat intende completare la fusione come approvata. Se il limite fosse superato e la Società decidesse di convocare una nuova assemblea straordinaria, l’assemblea potrebbe semplicemente approvare un nuovo progetto di fusione, il che condurrebbe alla fissazione di un nuovo prezzo del recesso sulla base, secondo le norme applicabili, del più recente corso del titolo e ridurrebbe gli esborsi per la Società”, è stata la dichiarazione letterale del gruppo di Sergio Marchionne diffusa da una nota di Torino.
A risvegliare il Lingotto era stato un articolo pubblicato da Repubblica in edicola martedì 12, secondo il quale al contrario Fiat sarebbe “pronta ad alzare il tetto dei recessi per mandare in porto la fusione con Chrysler”. In particolare il quotidiano del gruppo De Benedetti ipotizza un “secondo piano B” in caso di fallimento, basato sulla modifica delle attuali condizioni offerte agli azionisti, ipotesi che fin qui coincide con l’idea di Marchionne.
Le strade si separano quando l’articolo sostiene che la revisione verrebbe fatta “facendo salire l’asticella, dunque la somma che la società è disposta a pagare per evitare il recesso faccia saltare la fusione”. Secca, su questo punto la replica di Torino: “Secondo illazioni formulate oggi da talune fonti di stampa, Fiat potrebbe convocare un’assemblea straordinaria per rinunciare o elevare il limite di 500 milioni di euro cui la fusione è subordinata, se tale limite fosse superato. Fiat ribadisce che non ha alcuna intenzione né di rinunciare a tale limite, né di elevarlo”. Anzi. Capace che lo abbassa.