Dato per morto nel 1967, ha vissuto per anni in una grotta alle pendici del monte San Martino, a Lecco. Solo dopo il decesso, quello vero, è stato possibile ricostruire una parte della sua vita, quella finale. Si chiamava Darno Nardi, nato a Fiume nel 1937, era un profugo istriano. Il suo cadavere, in stato di decomposizione, era stato ritrovato il 5 agosto scorso. Per risalire alla sua identità, gli investigatori hanno incrociato l’esito dell’autopsia, le testimonianze degli abitanti della zona e i dati delle ricerche anagrafiche. Una volta abbandonata l’Istria, Nardi era andato ad abitare a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. Ma, all’età di trent’anni, aveva fatto perdere le sue tracce. Lo avevano dato tutti per morto, tanto che una sentenza del Tribunale di Monza aveva indicato il 1967 come data del presunto decesso.
Poi, un abisso lungo 47 anni. Un oblio durato fino allo scorso 5 agosto, giorno del ritrovamento del corpo. Una donna stava facendo un’escursione tra le alture di Lecco e ha imboccato il sentiero che porta verso il monte San Martino. Appena cominciata la passeggiata, la signora è stata attirata verso la grotta da un forte odore. Qui, racconta un testimone, giaceva il corpo, accasciato in una buca nel terreno. Adagiato sul fianco destro, coperto da un giubbotto pesante, la guancia scarnificata, i denti in mostra. L’autopsia ha accertato che la morte è avvenuta per cause naturali almeno un mese prima del ritrovamento. Il cadavere si trovava in uno stato di avanzata decomposizione e tutto lasciava intuire che quella persona abitasse proprio nella grotta. Coperte, libri, effetti personali: quell’anfratto all’interno della montagna era stato trasformato in una casa.
I primi timori si sono concentrati su Leone Silva, scrittore 39enne di Besana Brianza che da un anno ha trovato rifugio in una grotta alle pendici del monte. L’uomo, tuttavia, è stato rintracciato poco dopo dalle forze dell’ordine. Ma gli abitanti del posto avevano parlato anche di un’altra persona che viveva nella zona. Aveva voluto celare la sua identità fino all’ultimo: si faceva chiamare Pietro Nardi. E’ stato descritto come un uomo schivo, che abitava a Lecco dagli anni ’80. Non aveva mai segnalato la sua condizione di estrema emarginazione ai servizi sociali. E così ha vissuto fino al giorno della sua morte, che ha permesso di dare un’identità a quella persona senza una casa e senza un nome.