Se vi angoscia la presenza di una telecamera, sappiate che “lei” potrebbe accorgersene.
La tanto dibattuta “videosorveglianza”, dondolante sul difficile crinale che separa la fondamentale sicurezza di tutti dalla non meno importante riservatezza di ciascuno, sta per conoscere una nuova ed inquietante fase evolutiva.
Al lavoro su questo strumento sperimentale ci sono gli scienziati della Shoutwest University, ateneo cinese fondato nel 2005 e già all’avanguardia per le attività di ricerca, che ha sede in quel di Chongqing.
La sbalorditiva telecamera sfrutta il cosiddetto “imaging iperspettrale” o spettroscopia per immagini. Chi sta fissando lo schermo pensando ad un pericoloso stato di ebbrezza di chi scrive, abbia ancora un istante di pazienza per sentirsi raccontare – in maniera “commestibile” – di cosa stiamo parlando. Per ogni “pixel” (o puntino) di una immagine, questi speciali strumenti di videorveglianza riescono ad acquisire anche lo spettro elettromagnetico, ossia qualcosa di invisibile all’occhio umano ma altrettanto utile per sapere qualcosa di più di quel che si sta vedendo.
In questo caso la tecnologia riesce a dar vita ad un sensore in grado di evidenziare il grado di stress delle persone inquadrate dalla telecamera e di far tesoro di un simile indizio. Lo spettro elettromagnetico rilevato, infatti, riesce a misurare il quantitativo di ossigeno nel sangue delle parti esposte del corpo, come ad esempio il volto.
Il professor Chen Tong, associato di ingegneria del software alla “Southwest”, ha dichiarato al quotidiano South China Morning Post che i soggetti “normali” palesano un altissimo livello di stress mentale prima di sferrare il proprio attacco e la capacità di rilevare l’eccesso di ossigenazione del sangue può aiutare i poliziotti a scongiurare il verificarsi di tragedie.
Un sistema di questo genere permetterebbe alle Forze di Polizia di intervenire preventivamente e di bloccare chi potrebbe dar luogo ad azioni efferate.
L’interesse governativo cinese a progetti di questo genere è incrementato da episodi di estrema violenza che hanno avuto in luoghi aperti al pubblico. A marzo scorso nella stazione ferroviaria di Kunming si è verificato un fatto che nemmeno Quentin Tarantino sarebbe riuscito ad immaginare: un commando di uomini vestiti di nero ed armati di coltello ha assalito la folla, uccidendo 19 persone e ferendone oltre centoquaranta.
In termini pratici sullo schermo a disposizione degli agenti in servizio apparirà una barra misuratrice dello stress in corrispondenza del volto di tutte le persone videoriprese: chi ha connotazioni cromatiche “a rischio” può essere facilmente individuato anche in contesti molto affollati.
La soluzione in argomento sarà capaci di evitare falsi allarmi, riconoscendo chi è “arrossato” solo perché timido o sotto sforzo ed evitando l’inopportuno arresto di qualche tizio semplicemente imbarazzato o affaticato. Ma i ricercatori della Southwestern University stanno già elaborando speciali kit per il controllo successivo di chi viene fermato, così da snellire le procedure di accertamento. Tra gli ultimi ritrovati per individuare i terroristi c’è un bracciale da polso in grado di misurare la frequenza respiratoria e quella cardiaca, nonché la risposta galvanica cutanea dei soggetti sospetti bloccati dalle pattuglie: in poche parole, la leggendaria macchina della verità in un minuscolo dispositivo non differente da quegli apparecchi che adopera normalmente chi soffre di ipertensione.
Scettici? Se non credete a questi futuribili arnesi, almeno consigliate a chi soffre di pressione alta di risparmiare l’onorario del cardiologo facendo due passi nel raggio di azione di una di queste telecamere….
Twitter @Umberto_Rapetto