Da cinque anni Stephen Robert (membro del Council on Foreign Relations) e la moglie, attraverso la loro fondazione, si battono per per il rispetto dei diritti umani nei territori occupati a Gaza. Fanno integrare bambini arabi e israeliani nelle stesse strutture scolastiche e aiutano giovani palestinesi a laurearsi
Israeliani e palestinesi hanno suonato insieme per la Pace nell’avvolgente cornice della Val d’Orcia, in provincia di Siena. E mentre gli archi di un quartetto di Beethoven scioglievano i cuori del pubblico, nella Striscia di Gaza suonavano le sirene d’allerta. E si contavano i morti (ad oggi circa 1.900 e oltre 10mila feriti). Era la prima volta in Italia per Polyphony Youth Ensemble, il gruppo musicale formato da ragazzi dai 13 anni ai 20 anni.§
La tournée prevedeva altre tappe, ma un paio di loro sono stati richiamati alle armi dall’esercito israeliano. Dovevano deporre i violini per imbracciare il mitra per suonare un altro genere di musica: dalle melodie dei “Concerti in Terra di Siena” al fuoco incrociato della terra di Palestina senza pace. Eppure ci aveva lavorato tanto Pilar Crespi, esperta in comunicazione, romana di nascita, newyorkese d’adozione, che ha dato anima ‘e core alla Fondazione per la quale ha scelto un nome profetico: Source of Hope. Creata cinque anni fa insieme a suo marito Stephen Robert, banchiere e membro del Council on Foreign Relations e del consiglio d’amministrazione del prestigioso Watson Institute for International Studies. Stephen è anche l’international director dell’ U.S. Middle East Project.
“Lottiamo Stephen e io per dare visibilità all’occupazione e alle tristi condizioni di vita dei palestinesi. E mio marito lo fa da ebreo”, spiega Pilar. Ci troviamo quasi davanti a una Schindler’s List al rovescio: un ebreo che aiuta i palestinesi. Perché non c’è differenza fra sangue e sangue. Ma l’impegno di Pilar e Stephen in quelle terre macchiate da troppo sangue innocente non finisce qui. Si chiama “Parents Circle – Families Forum“, un’organizzazione di sostegno alle famiglie israeliane e palestinesi che hanno perso familiari nei conflitti armati. Finanziano B’Tselem (The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories) per il rispetto dei diritti umani nei territori occupati. Hanno dato fiato all’associazione Hand in Hand per integrare bambini arabi e israeliani nelle stesse strutture scolastiche e per insegnare loro a coltivare il seme della pacifica convivenza, costruendo ogni giorno, mattoncino su mattoncino, occasioni di sabotaggio dell’odio. Aiutano giovani palestinesi a laurearsi e a trovare lavoro nel campo dell’informatica collaborando con Google e Cisco per fare dei workshop locali.
E, alla luce dei tragici eventi di questi giorni, l’impegno di Pilar e di Stephen assume proporzioni ciclopiche. “Adesso più che mai crediamo in una soluzione di due Stati dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace. La ricostruzione di Gaza è adesso una delle priorità della nostra Fondazione a cominciare dalle scuole e dagli ospedali”, conclude Pilar.
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