Viktor Chegin, indagato e sospeso dall’agenzia antidoping russa, era presente ai bordi del tracciato della 20km dove sono stati protagonisti i suoi atleti Ivanov e Streikov. Il movimento è in rivolta: il tecnico ha il poco invidiabile record mondiale di 18 atleti allenati squalificati per doping. La questione è stata sollevata dal marciatore Matej Toth, contattato da ilfattoquotidiano.it: “Come può una persona priva di accredito girare nell'area atleti"
Dopo l’argento e il bronzo, arriva anche l’oro dei sospetti. Sulle strade degli Europei di atletica leggera aleggia il fantasma di Viktor Chegin, allenatore dei marciatori russi. Indagato e sospeso dall’agenzia antidoping russa, il guru sovietico sarebbe dovuto restare a casa ma ieri è stato avvistato in Svizzera, ai bordi del tracciato della 20km di marcia maschile. Dove si sono resi protagonisti due “suoi” atleti: Aleksandr Ivanov, 21 anni, e Denis Streikov, 23, argento e bronzo alle spalle dello spagnolo Miguel Angel Lopez. E oggi è arrivato l’assolo nella gara femminile, vinta da Elmira Alembekova, altra allieva di Chegin. Non è scesa in strada la sua connazionale (e strafavorita) Anisya Kirdyapkina, una rinuncia apparsa quantomeno strana e giustificata ufficialmente con un’intossicazione alimentare.
Ma l’oro è arrivato comunque e le tre medaglie hanno fatto storcere il naso al movimento, vista la presenza del tecnico che ha il poco invidiabile record mondiale di 18 atleti allenati squalificati per doping. La questione è stata sollevata su Twitter dall’argento olimpico Jared Tallent e da Matej Toth, membro della commissione atleti della Iaaf e impegnato domani nella massacrante 50 chilometri. Il marciatore slovacco, che ieri aveva definito la presenza di Chegin “una farsa”, oggi rilancia senza giri di parole attraverso ilfattoquotidiano.it: “Come può una persona priva di accredito girare nell’area atleti, essere sul bus e in mixed zone?”. E sulle tre medaglie conquistate dai russi si domanda: “Ufficialmente loro sono puliti e i titolari delle medaglie. Ma perché altri diciotto si sarebbero dovuti dopare e loro no?”.
Eppure meno di un mese fa la stampa russa aveva dato notizia della sospensione di Chegin da parte della federazione. L’effetto? L’impossibilità per l’allenatore d’essere presente agli Europei. Invece è sulle strade di Zurigo. Nonostante l’uomo che ha allevato il meglio della marcia russa negli ultimi venti anni sia ormai al centro della bufera. Quasi suoi venti allievi sono stati squalificati, compresa Elena Lashmanova, campionessa olimpica di Londra 2012 e campionessa mondiale dello scorso anno. Accanto a lei figurano nomi del calibro di Valery Borchin, Sergey Morozov e Vladimir Kanaikin. A nulla sono serviti gli interventi della Rusada, l’agenzia anti-doping russa, che ha messo al centro della propria attività d’indagine il centro di preparazione olimpica di Saransk, nella repubblica della Mordovia.
Sono cadute nel vuoto anche le rassicurazioni di Valentin Balakhnicev, a capo della federazione: “Non farà parte della delegazione agli Europei – aveva detto – I recenti casi ne hanno irrimediabilmente macchiato la carriera”. Senza accredito ufficiale ma evidentemente con molto credito, Chegin marcia invece accanto ai suoi atleti. Ieri Tallent – che sul proprio profilo scrive orgogliosamente nella bio “Il corridore non dopato più veloce sui 50 chilometri in due Olimpiadi” – ha twittato senza mezzi termini: “Mi spiace per tutti gli atleti puliti finiti alle loro spalle”. L’australiano è uno tra i marciatori più attivi nella lotta al doping e da mesi conduce una battaglia contro Chegin. I sospetti contro di lui sono molto pesanti. Molto più del metallo delle medaglie che continuano a vincere i suoi atleti.