A parlare è Rupa, la designer che ha realizzato gli abiti che indossano le modelle nello shooting: “Ho sempre voluto essere un designer, ma dopo l’attacco c’è stata una pausa nella mia vita. Ero così insicura e imbarazzata dalle mie cicatrici che usavo sempre una sciarpa per coprire il mio volto. Ho sempre creduto nel mio sogno, ma non credevo che un giorno sarebbe stato possibile lanciare addirittura la mia etichetta.” Insieme hanno trovato la forza di andare avanti, di dimostrare ai loro aggressori che non sono di certo loro che si devono vergognare.
Rupa ha abbandonato il suo cognome rinnegando il padre colpevole di aver sfigurato una donna. Nell’agosto 2008 Rupa dormiva nel suo villaggio natale, Uttar Pradesh, quando la sua matrigna le ha gettato addosso l’acido. E’ stata per oltre sei ore senza assistenza, finché uno zio è corso in soccorso e l’ha portata in un ospedale vicino. La donna è stata condannata a 18 mesi di carcere e oggi è libera. Ecco perché Rupa chiede giustizia e collabora con l’associale “Stop Acid Attack” sostenendo una battaglia per impedire che l’acido sia venduto in India liberamente.
Donne forti, che vanno avanti nonostante tutto. Perché si può sempre risalire, anche quando ti violentano il corpo, anche quando ti violentano l’anima.