Un piano di evacuazione della comunità yazida rifugiata sulle montagne intorno a Sinjar è “meno probabile” di quanto creduto in un primo momento. Lo ha detto il portavoce del Pentagono, l’ammiraglio John Kirby, dopo una prima valutazione del personale militare americano, che ha constatato che gli sfollati della minoranza, minacciata dagli jihadisti dell’Isis, vivono in “condizioni migliori” del previsto. La scelta degli Stati Uniti è stata presa dopo che mercoledì 13 agosto oltre 130 militari americani erano atterrati sul Monte Sinjar per organizzare una via di fuga per i 30mila civili. Ma, da una prima relazione delle forze di terra, sono stati trovati meno sfollati di quanti i marines si aspettassero. La squadra di valutazione ha stabilito che solo alcune migliaia di rifugiati iracheni rimangono sul monte, e che “coloro che sono rimasti sulla montagna sono in condizioni relativamente buone”. Anche l’Onu conferma che “sono solamente 1.000 gli yazidi ancora intrappolati sul Monte Sinjar, nel nord dell’Iraq”. Secondo l’Unhcr, circa 80mila iracheni appartenenti alla minoranza sono invece riusciti a fuggire dalla morsa dell’Isis negli ultimi cinque giorni.
Intanto, sotto il profilo politico, il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha deciso di rinunciare al potere ed è pronto ad annunciare che sosterrà il suo successore alla guida del governo, Haidar al-Abadi, in un intervento tv. Questo dovrebbe porre fine a una situazione di stallo e di incertezza politica a Baghdad. Resta però nel caos per il momento la capitale irachena, dove almeno 5 persone sono state uccise e 14 ferite nello scoppio di un’altra autobomba, dopo le 16 morte mercoledì 13 agosto in una serie di cinque esplosioni.
Pressato dagli Usa e dalla comunità internazionale, scaricato dall’establishment del suo stesso partito, invitato a farsi da parte persino dalla guida suprema della sua comunità religiosa (gli sciiti), al-Maliki getta infine la spugna. Al-Abadi è l’uomo incaricato di dar vita ora a un governo di “larghe intese” e di tentare di ricucire quelle divisioni etnico-confessionali che al-Maliki era invece accusato d’aver approfondito, favorendo nei fatti l’ascesa dei jihadisti sunniti e la guerra civile che a 11 anni dall’invasione americana del 2003 insanguina l’Iraq più che mai.
Per il Pentagono, una missione via terra molto meno probabile – Una svolta che si materializza nel giorno in cui Barack Obama fa sapere che la possibilità di un nuovo intervento di soldati americani sul terreno, seppur limitato, si allontana. Washington non giudica infatti più necessaria un’operazione per evacuare i profughi Yazidi bloccati sulle montagne intorno a Sinjar (tuttora 4-5.000 secondo il Pentagono), perchè, sottolinea il presidente, “è stato rotto l’assedio” cui erano sottoposti dai miliziani dello Stato islamico (Isis). Ma intanto un drammatico appello è rivolto alla comunità internazionale dal presidente della Conferenza episcopale irachena, mons. Louis Sako, che chiede un intervento per “ripulire da tutti i miliziani jihadisti” la provincia di Ninive e il suo capoluogo Mosul.
Scontri a Fallujah: morti 4 bambini. Isis: “Rapiti 100 yazidi” – Prosegue tuttavia l’avanzata dei miliziani dello Stato islamico. Quattro bambini, secondo quanto riferito dal direttore dell’ospedale di Fallujah Ahmed Shami, sono morti negli scontri tra militanti sunniti e soldati iracheni nella periferia nord della città, nelle mani dello Stato islamico dall’inizio di gennaio. Secondo Shami, oltre ai dieci minori sono stati uccisi anche dieci jihadisti e una donna. Un alto responsabile dell’Isis conferma invece alla Cnn che i jihadisti tengono prigionieri almeno cento fra donne e bambini yazidi rapiti una settimana fa a Sinjar quando i combattenti sono entrati, “uccidendo un elevato numero di uomini”. “Posso confermare che sono stati portati a Mosul e li convertiremo all’Islam”, ha aggiunto il miliziano alla rete americana. Una pratica non nuova da parte dell’autoproclamata Califfato, che durante l’ultima offensiva nel nord dell’Iraq aveva ucciso almeno 500 yazidi, alcuni dei quali sono stati sepolti vivi in fosse comuni. Secondo Mohammed Shia al-Sudani, ministro iracheno per i diritti umani, nello stesso attacco oltre 300 donne sono state rapite e ridotte in schiavitù. Sul fronte opposto, i raid dell’aviazione irachena hanno ucciso tre comandanti dello Stato islamico e distrutto i campi di addestramento del gruppo jihadisti nelle provincie di Niniveh e Kikruk. Lo rende noto il ministero della Difesa iracheno.
“Il Califfo scappa in Siria per sfuggire ai raid americani” – Il capo dell’autoproclamato Califfato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, sarebbe fuggito in Siria per evitare di essere colpito dai raid americani. Lo scrive il quotidiano panarabo edito a Londra al Sharq al Awsat citando un funzionario curdo. Un dirigente del partito democratico del Kurdistan (Pdk), Said Mmousine, ha riferito che “al-Baghdadi ha lasciato nei giorni scorsi Mosul, con un convoglio composto da trenta veicoli Hummer, dirigendosi verso la Siria per il timore di essere obiettivo dei caccia americani, soprattutto dopo che la sua organizzazione ha perso un gran numero di comandanti nelle battaglie contro i peshmerga”. L’unica apparizione pubblica di Baghdadi è stata il 4 luglio, subito dopo la nascita dell’auto proclamato Califfato, quando ha tenuto un sermone nella Grande moschea di Mosul.
Anche la Germania inizia l’armamento dei curdi – Dopo gli Stati Uniti e la Francia, anche l’esercito tedesco inizierà il trasporto di attrezzature militari e aiuti nel nord Iraq. Lo scrive la Dpa. Secondo l’agenzia verranno consegnati quattro aerei Transall, materiale sanitario e prodotti alimentari a Erbil. Gli aiuti saranno consegnati alle organizzazioni Onu, che intendono distribuirli alla popolazione locale. Fino a due giorni fa. il governo di Berlino si era detto pronto a distribuire solo aiuti umanitari, poi il cambio di rotta è arrivato con un annuncio della ministra della Difesa Ursula von der Leyen che ha rilevato la drammaticità della situazione.
Ankara pronta ad allestire campo profughi nel nord dell’Iraq. Il confine tra Iraq e Turchia resta una zona calda per il numero crescente di sfollati yazidi diretti verso la zona di frontiera. Secondo le autorità turche, sarebbero circa 6.500 i membri della minoranza che stanno fuggendo in direzione Ankara. Per frenare l’avanzata dei profughi verso il paese, nel nord dell’Iraq la Turchia allestirà un campo profughi che dovrebbe essere in grado di accogliere circa 16mila persone.
Cei: “Veglia di preghiera per i cristiani perseguitati” – “Noi non possiamo tacere”. È questo il motto scelto per la veglia di preghiera per i cristiani perseguitati nel nord dell’Iraq organizzata dalla Conferenza episcopale italiana a ferragosto, nel giorno in cui la Chiesa festeggia l’assunzione di Maria. L’evento segue la lettera che Papa Francesco ha inviato mercoledì 13 agosto al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon: “Metto davanti a lei le lacrime, le sofferenze e le grida di disperazione dei cristiani e di altre minoranze religiose dell’amata terra dell’Iraq”.