Inventare è facile, è copiare che è difficile, dice Totò in Totò, Eva e il pennello proibito. E Totò, lo sappiamo, ha (quasi) sempre ragione. Se ogni volta non avesse rifatto così bene se stesso, non lo ritroveremmo ogni estate nei palinsesti e non faremmo così tanta fatica a staccarci dai suoi film. Non c’è estate senza Totò, così come non c’è Natale senza Chaplin, perché la replica è un’arte; non ci si bagna due volte nello stesso fiume, e molto più di tante prime visioni, la replica è la vera prova del fuoco.

Raiuno, nella gran ribollita di fiction che già al debutto erano dimenticabili, ha iniziato a riproporre Cari amici vicini e lontani (venerdì, seconda serata) e all’improvviso stare davanti al video acquista un senso. Questo omaggio ai sessant’anni della Radio, andato in onda per la prima volta esattamente trent’anni fa, è invecchiato bene come tutti i programmi di Renzo Arbore, e forse anche più degli altri, perché essendo intessuto sull’omaggio alle vecchie glorie di allora, nel tempo si trova come a casa sua. Vediamo Nunzio Filogamo, Gino Bramieri, Carla Boni rimpiangere i bei tempi andati, e intanto noi ci accorgiamo di rimpiangere il loro rimpianto. Non ci si bagna due volte nemmeno nella stessa nostalgia. La replica può essere poetica, e può essere educativa. Quest’estate Maurizio Costanzo ha smesso di replicare malamente se stesso e ha varato per Canale 5 una storia del suo Costanzo show da lui stesso introdotta e commentata. Ne è saltata fuori un’enciclopedia a dispense degli anni 80 e 90 che potrebbe essere il suo capolavoro; molta meno spazzatura – certe puntate e certi personaggi erano degne della terra dei fuochi – e molto più costume.

La replica è darwiniana, sopravvivono le specie capaci di adattarsi all’ambiente, e questa Costanzo story chiude ufficialmente un’era ma ne apre un’altra, quella delle teche e dell’archivio anche per le reti Mediaset. Non solo per Canale 5, che quest’estate ha cambiato sesso ed è diventata la rete più rosa dell’etere (solo telenovele, soap opera, più Barbara Palombelli e Maria De Filippi); ma anche per Rete 4 e Italia 1. Mediaset si accorge di avere un passato, scoperta che per una tv commerciale può sconfinare nella crisi d’identità (il passato è così poco commerciale), anche se finora sul fronte delle repliche con la Rai non c’è stata partita. Da una parte il virtuosismo di piccoli classici come Teche teche te, dall’altra centoni piuttosto rudimentali e senza una collocazione fissa di palinsesto, come Ieri e oggi in tv. A ora c’è un unico, vero punto di contatto tra il passato Rai e il passato Mediaset: la coppia Vianello-Mondaini, anche loro sempre perfettamente a loro agio nelle repliche, sempre miracolosamente inediti nel replicare se stessi. E c’è una cosa che a Mediaset mancherà sempre, il bianco e nero. Un vantaggio enorme per la Rai, perché i ricordi sono come le fotografie: i migliori sono sempre in bianco e nero. Non per nulla la replica più geniale della stagione è stata la riproposta su Raitre della serie americana Ai confini della realtà, fantascienza a misura di piccolo schermo prodotta negli anni Sessanta, quando tutto ancora doveva accadere. Fino alla settimana scorsa uno si sintonizzava su Raitre verso le 20, l’ora principe dell’attualità, e non capiva bene dove fosse finito. Ai confini della realtà, appunto, che sono anche i confini della memoria.

Dal Fatto Quotidiano del 14 agosto 2014

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