Matrimonio misto a sud di Tel Aviv e l'estrema destra ebraica - autorizzata dal tribunale distrettuale - organizza una protesta fuori dalla cerimonia. Tra loro il padre della sposa. La coppia: "Facciano quel che vogliono"
Due religioni diverse: lui musulmano, lei ebrea. Eppure i due ragazzi si sposeranno e lo faranno proprio nello Stato di Israele, mentre è in corso la tregua in extremis tra Gerusalemme e Gaza che potrebbe mettere fine a un conflitto che conta più di 1.900 morti. Mahmud Mansur, musulmano di 26 anni, e Moral Malca, 23 ed ebrea, si sono incontrati due anni fa a Jaffa, la loro città natale che altro non è se non un misto di difficile convivenza tra la comunità araba e quella ebrea. La festa di matrimonio, invece, si svolgerà a Rishon Letzion, tra le cittadine israeliane che hanno subito la pioggia di razzi dalla Striscia. Alla presenza degli amici, dei parenti di lui, ma non del padre della sposa. “Per due anni mia figlia mi ha nascosto di frequentare un arabo – ha detto l’uomo, come riferisce la stampa locale – Il padre del futuro sposo di Moral mi ha cercato di convincere a venire, ma io gli risposto che non accetterò mai la loro unione, anche perché non ci sarà un rabbino a professarla”. Moral, infatti, si è convertita all’Islam per potersi unire a Mahmud. “Per la mia famiglia è una vera e propria tragedia – continua il padre della ragazza ebrea – Ho detto a mia figlia che le avrei dato qualunque cosa se lo avesse lasciato. Ma lei ha scelto lui”.
Peccato che il padre della giovane Moral non è il solo a opporsi a questa unione. Accanto a lui Lehava, un’organizzazione di estrema destra che ha come obiettivo primario proprio quello di fermare i matrimoni misti, in particolare tra ebrei e arabi. Un’associazione che ha, tra i suoi servizi, un numero verde per permettere ai genitori dello Stato di Israele, ma anche ad ebrei residenti in qualunque Paese, di essere aiutati passo passo per frenare il matrimonio dei propri figli con chi non è ebreo. Lehava ha diffuso un biglietto d’invito alla celebrazione del matrimonio per il solo obiettivo di cercare di fermare le nozze. “Vieni con energia positiva e porta megafoni e clacson – ha scritto il gruppo sul depliant – Dobbiamo chiedere alla nostra sorella ebrea di tornare tra la gente di Israele, che la sta aspettando”. Scritto sul volantino anche il numero di telefono della sala, per chiedere di chiamare i gestori del locale e spiegare che “il loro nome distrutto per il sostegno che stanno dando ad un matrimonio misto”.
“Sposarsi con un nemico, proprio in una città che è stata bombardata da Gaza è una disgrazia”, ha detto Bentzi Gopshtain, il direttore di Lehava. Un matrimonio che è diventato anche un’affare di Stato dopo che è stato lo stesso tribunale distrettuale di Tel Aviv che, interpellato per stabilire se la protesta degli estremisti fosse legittima o meno, ha autorizzato lo svolgimento della manifestazione di Lehava, a patto che si svolga ad almeno 200 metri dalla sala del ricevimento. La polizia israeliana ha preannunciato che sarà presente per impedire disordini. La famiglia di Moral, intanto, afferma di essere stata minacciata e ha chiesto la protezione delle forze dell’ordine. Ferma e di una sola frase la risposta dello sposo Mahmoud all’intera polemica: “Facciano quel che vogliono, ma io e Moral ci sposeremo”.